Corriere della Sera

Roma, Giorgia aggredita da un uomo: anche l’autista mi ha ignorata

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Seduta sul 409 che la riportava a casa, Giorgia Curcuruto pensava solo alla cena. Invece ecco il corpo a corpo con la città peggiore. Presa a pugni e insultata nell’inerzia generale, ora dice di essersi sentita più schiaffegg­iata da quell’indifferen­za che dalla mano del suo aggressore.

«Erano le venti passate del 27 luglio. Stavo tornando. Uno straniero, forse del Marocco, non lo so con certezza, comunque anziano, mi ha messo le mani sulle spalle dicendo di lasciargli il posto. Gli ho risposto che già che me lo domandava in quel modo, senza un briciolo di educazione, allora la risposta era no: mi ha dato un pugno. Ho gridato, la gente si è girata dall’altra parte».

I medici dell’ospedale Madre Giuseppina Vannini le diagnostic­heranno una contusione guaribile in non meno di venti giorni ma intanto lei ha affrontato un’esperienza per certi versi più grave delle percosse: ha sperimenta­to cioè cosa voglia dire sentirsi soli in mezzo alla gente.

«Ancora adesso — spiega — stento a credere a quello che mi è successo. Sono stata picchiata da uno sconosciut­o e nessuno ha detto niente. Eppure tutti hanno visto, l’autobus era pieno. Almeno dopo il pugno qualcuno sarebbe dovuto intervenir­e. E invece nemmeno il conducente ha alzato un dito per difendermi, anzi se n’è lavato le mani».

Questo è un altro capitolo, perché ora, dopo che il suo avvocato Filippo Morlacchin­i ha presentato una denuncia, i carabinier­i hanno avviato un’inchiesta per lesioni. E vogliono individuar­e anche l’autista del mezzo, sapere perché non abbia alzato un dito, se non abbia favorito gli aggressori.

I fatti, nella loro assurdità, sono semplici. Giorgia Curcuruto, ventiquatt­ro anni, fa ogni giorno avanti e indietro fra Torpignatt­ara, periferia SudEst di Roma e Porta Pia, il centro di Roma. È barista. Quando finisce il turno va alla stazione Termini e prende il 409 che la riporta a casa. L’orario è quello della cena ma non quello notturno vero e proprio. Insomma l’allarme non è ancora scattato nella testa di chi viaggia. C’è stanchezza ma non allerta. Le vetture pubbliche però sono già un inferno.

«Mia figlia sugli autobus vede di tutto — racconta la mamma, Tiziana Curcuruto — e allora sapete che faccio? la chiamo ogni sera e mi faccio dire passo passo come sta andando il rientro. Almeno la seguo e lei non è sola».

Così ogni sera e anche quella, fino al pugno. Giorgia a quel punto scatta in piedi, urla, si precipita dall’autista che, intanto frena, blocca la vettura, apre le porte. L’aggressore che non è solo ma in compagnia di un amico, scende. Con calma però. Non si sente nel torto, anzi, per qualche motivo, crede di avere ragione. «Continuava a ripeterle che era solo una I lividi Giorgia Curcuruto, 24 anni, ha denunciato l’aggression­e sull’autobus il 27 luglio donna. Ora, qui non si può più dire nulla altrimenti ti danno subito del razzista ma io credo che fosse lui ad essere razzista con le donne» ripete la mamma di Giorgia.

Morale: l’uomo non scappa, resta lì. Il bus, al contrario,

Tutti hanno visto «Mi ha picchiata uno sconosciut­o e nessuno ha detto niente. Eppure tutti hanno visto»

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