Corriere della Sera

Dal Vietnam agli Usa Sono «I rifugiati» ma sembrano spettri

Viet Thanh Nguyen (Neri Pozza)

- Di Marco Del Corona

Soltanto uno degli 8 racconti de I rifugiati sembra parlare di fantasmi e invece tutto il libro di Viet Thanh Nguyen è popolato di spettri. Quella che apre la raccolta tradotta da Luca Briasco (Neri Pozza, pp. 219, 16,50) è la storia di un fratello ucciso durante la traversata dal Vietnam riunificat­o e comunista verso la libertà: aveva tentato di difendere la sorella dai pirati che avevano abbordato la marcescent­e imbarcazio­ne dei boat people. Anni dopo le appare e, con la sua notturna presenza (presenza ?), la sospinge a una resa dei conti con la memoria. Ovunque I rifugiati, che hanno per protagonis­ti immigrati vietnamiti negli Usa (come l’autore, vincitore nel 2016 del Pulitzer per Il simpatizza­nte, sempre Neri Pozza) pullulano di fantasmi. Fantasmi di affetti e luoghi abbandonat­i, di una guerra che ha costretto le persone alla sconfitta e all’esilio, di una rivincita impossibil­e, di ruoli e legami familiari che si sfanno per lo sradicamen­to e il bisogno, di desideri. Fantasmi di fantasmi.

Per paradosso, quanto più è vietnamita ogni connotazio­ne, tanto meno vietnamita è il senso di ogni storia. Alla sequenza di trame il primo racconto — quasi un proemio, concentrat­o com’è su tre personaggi e parco di dettagli sul resto — fornisce le coordinate emotive e la bussola morale: non a caso l’io narrante, la sorella del fantasma, è una ghostwrite­r, un’«autrice fantasma», per profession­e narratrice di vite non sue. «Questa non era casa nostra. In un Paese dove i beni di proprietà erano l’unica cosa che contasse, non avevamo niente che ci appartenes­se, a parte le storie»: dunque sappiamo che la vita americana degli esuli non può che essere affollata di tanti passati che combattono con la realtà, mai ad armi pari. Eppure, non si deve «voltare le spalle a un fantasma», ovvero col passato occorre comunque patteggiar­e, come scoprono, simmetrica­mente e dolorosame­nte, le due sorellastr­e dell’ultimo racconto (La terra del padre), figlie d’uno stesso padre, una di Saigon, l’altra «americana».

Raccontare storie può sembrare quindi l’antidoto allo sfacelo («non tutti i fantasmi erano dediti alla vendetta e a scatenare il caos»), così come un insensato atto di incruenta violenza nel racconto forse più bello, Qualcun altro oltre te, suggerisce una rinascita. Dalla scorza della solitudine e della perdita — così in La terra del padre — può scaturire uno slancio che liberi dalla convinzion­e di non essere «altro che l’incarnazio­ne di un rimpianto».

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Viet Thanh Nguyen (1971)

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