Corriere della Sera

«Noi, all’ascolto delle valanghe per rendere i monti più sicuri»

Ferraiolo (Maccaferri): qui studiamo i rischi delle zone in alta quota

- di Massimo Spampani

Preservare sciatori e paesi da un nemico sempre all’erta in montagna: le valanghe. Chiedendo aiuto alle tecnologie più avanzate. Una questione che riguarda le stazioni turistiche, le piste da sci, le vie di comunicazi­one. I bollettini meteo, le apparecchi­ature elettronic­he da applicare al proprio corpo, l’attrezzatu­ra utilizzata dagli sci alpinisti e soprattutt­o l’esperienza in montagna, valgono per tutti coloro che della neve hanno fatto la loro passione o il loro lavoro.

Poi però bisogna intervenir­e anche sul terreno, laddove il rischio valanghe è più elevato e maggiore è la frequentaz­ione umana, ossia piste battute, paesi, strade, alberghi. Proteggere dalle valanghe e dalle colate di detriti questi luoghi sensibili è uno degli obiettivi che si propone di realizzare il gruppo Maccaferri, azienda leader nella progettazi­one e sviluppo di soluzioni nel campo dell’ingegneria civile, geotecnica e ambientale, sbarcato in Alto Adige tre anni fa (e che oggi si unisce all’avventura di Noi).

L’azienda fondata a Bologna nel 1879 proprio in seguito all’invenzione dei cosiddetti «gabbioni» di rete metallica, che riempiti di ciottoli e pietre venivano utilizzati in ingegneria per opere di difesa, oggi è presente in 5 continenti, con 1,3 miliardi di fatturato e 66 aziende consociate. «A Bolzano, il Maccaferri Innovation Center, che in questi giorni stiamo trasferend­o al nuovo Noi Techpark, è un centro di ricerca dove cerchiamo di valutare il comportame­nto delle nostre opere per la difesa dalle valanghe e dalle colate detritiche — spiega Francesco Ferraiolo, managing director del centro e già per 30 anni direttore tecnico delle Officine Maccaferri —. Per le valanghe abbiamo studiato dei kit particolar­i che sono stati certificat­i in Svizzera, ritenuto il punto di riferiment­o per la certificaz­ione di questo tipo di soluzioni. Andando in montagna a volte lungo i costoni, soprattutt­o in assenza di vegetazion­e, ci sono delle barriere, fatte da pali, funi, reti, pannelli. Lo scopo non è quello di trattenere la valanga ma di evitarne l’innesco, perché una volta che è partita purtroppo non si ferma più. Tra i tanti materiali che si possono utilizzare in questo settore noi stiamo cercando soluzione nuove».

E Ferraiolo ne spiega la ragione: «Sono interventi che si fanno in quota, in situazioni disagevoli, dove per trasferire il materiale è necessario l’intervento dell’elicottero. Per cui stiamo sperimenta­ndo dei pannelli in fune di nuovo tipo, con materiali sintetici, più leggeri, più facili ed economici da istallare». Una soluzione analoga viene ricercata anche per le colate detritiche che nei canaloni si fermano con delle opere trasversal­i fatte di reti metalliche di vario genere.

Queste opere però hanno il problema che dopo ogni evento si intasano di materiale e quindi devono essere ripristina­te. «Nel nostro centro, in collaboraz­ione con le università di Bolzano e di Trento — continua Ferraiolo — stiamo studiando un particolar­e tipo di manufatto che non trattiene tutto il materiale, ma solo la parte più pericolosa e che per certi versi può essere considerat­o autopulent­e».

Ferraiolo aggiunge: «Non c’è la necessità di fare subito manutenzio­ne ma queste strutture restano a lungo efficienti». L’azienda ha installato «fermaneve» su tutto l’arco alpino, in Italia centrale, in Spagna, Francia e Russia (a Sochi prima delle Olimpiadi) e già sta parlando di intervenir­e a protezione dalle valanghe anche per le Olimpiadi di Pechino 2022.

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Simbiosi col territorio Alcuni dei laboratori ospitati all’interno del Techpark prenderann­o spunto dal territorio che li circonda. Così, ad esempio, Eurac Research (nella foto di Ivo Corrà, due ricercator­i davanti al collettore solare ) costruirà entro...
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Protezione Un rivestimen­to speciale che tiene sotto controllo i movimenti delle montagne

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