Corriere della Sera

Blackout Juventus Pjanic fa l’elettricis­ta

I bianconeri e il rischio di essere «normali»

- SERIE A Paolo Tomaselli

«Abbiamo perso cinque punti in due partite. Ma è meglio così». Massimilia­no Allegri l’ha detto sabato sera, quasi en passant. Ma perché è meglio così? Perché la Juve, non da adesso, deve prendere delle mazzate per plasmarsi nel carattere, nel modo di stare in campo e anche nella forma, intesa come assetto di gioco? Prevenire è meglio che curare, diceva la pubblicità. Ma il dottor Max ha già dimostrato di essere un buon medico e preferisce che i nodi emergano prima possibile. Ma la rimonta di due anni fa resta irripetibi­le, almeno nei numeri. Quindi per la sua Juve è meglio non esagerare con il ritardo in campionato. E tanto meno in Champions: la doppia sfida con lo Sporting Lisbona — andata mercoledì a Torino, ritorno, martedì 31 allo stadio Alvalade — è già decisiva «ed la più importante». Il rientro di Pjanic, soprattutt­o quello visto a inizio stagione, può portare un po’ di luce, ma rischia di non essere risolutivo.

Perché questa Juve sembra una squadra «normale»: appena si alza l’asticella (due volte con la Lazio, poi con Barcellona e anche l’Euro-Atalanta) ha perso o pareggiato e ha subito 10 gol sui 13 totali fin qui. Tantissimi per una squadra che sulla difesa ha costruito tutti i suoi successi degli ultimi 6 anni. I motivi? Il catalogo è questo. 1) La gestione della partita, (Epa)

dato che nel secondo tempo con Atalanta e Lazio la Juve si è fatta rimontare. Contro i biancocele­sti il possesso è stato superiore nella ripresa, ma la Juve si è fatta rubar palla e colpire in verticale dalle mezzali di Inzaghi. Stesso copione a Bergamo. Il rientro di Pjanic può servire soprattutt­o a gestire tempi e modi di gioco.

2) Il calo è anche una questione di condizione. Allegri, che raramente si lamenta, ha ammesso di aver trovato alcuni giocatori scarichi dopo le partite fondamenta­li con le loro Nazionali. Ma perché Dybala, mai in campo con l’Argentina, giovedì al rientro «non si reggeva in piedi»? 3) La presunzion­e, citata dal tecnico ad agosto, sembra un altro fattore: i cali di tensione agonistica sono anche cali mentali. 4) Allegri chiede una squadra capace di «combattere tutti i giorni». Un appello quasi «contiano», per lui che ha sempre messo l’accento sulla gestione tecnica dei 90 minuti: servono cattiveria e killer instinct. 5) Gli equilibri tattici tra fase difensiva e offensiva saltano e non solo per la partenza di Bonucci. Ma per tutti i motivi precedenti. Tra assenze e gerarchie, la Juve è ancora un cantiere aperto. E le serve l’anima operaia per ricostruir­e una squadra solida.

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Lotta e governo Miralem Pjanic, qui contro Messi al Camp Nou, rientra mercoledì contro lo Sporting Lisbona

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