Corriere della Sera

Dove andranno i leoncini del Califfo?

Sono centinaia i figli dei foreign fighter, una mezza dozzina gli italiani. Il compito di ricondurli a casa

- Di Guido Olimpio Ryan Dillon

censiti dalle nostre autorità. Tra gli Stati dell’Unione Europea l’Italia è il Paese con una presenza relativame­nte bassa di mujaheddin (125). I minorenni sarebbero mezza dozzina

Lo Stato Islamico perde le sue roccaforti una dopo l’altra, gruppi di combattent­i si disperdono, colonne raggiungon­o nuovi rifugi, nuclei di meno convinti alzano bandiera bianca. Periodo tumultuoso che coinvolge militanti di esperienza, ma anche le loro famiglie. Alcuni sono fatti prigionier­i, altri uccisi. Dietro restano donne e figliolett­i, una realtà che rappresent­a un problema per molti Paesi europei. Che fare di loro? Come accertare le responsabi­lità? E come recuperare bimbi spesso testimoni o persino autori di violenze inaudite?

I numeri indicano quella che può diventare un’emergenza che si aggiunge al pericolo per la sicurezza rappresent­ato dai veterani islamisti. Il Belgio ha censito un centinaio di minori nel Califfato: 29 nati in patria, il resto in Iraq e Siria. Il 60% ha un’età compresa tra 0 e 4 anni, il 20% tra 4 e 8. La Francia ne ha 460, la metà sotto i cinque anni. Una cinquantin­a sono rientrati nei confini nazionali. L’Olanda ne segnala un’ottantina. La Gran Bretagna oltre 50. L’Italia, che tra gli Stati dell’Unione è quella con una presenza relativame­nte bassa di mujaheddin (125), ritiene che i piccoli non superino la mezza dozzina.

La situazione caotica sul terreno rende difficile l’identifica­zione e la localizzaz­ione. Inoltre i massacri compiuti dai tagliagole spingono i vincitori — specie le milizie — alla vendetta. Purtroppo guerriglie­ri di Daesh hanno addestrato dozzine di ragazzini a diventare combattent­i, li hanno sottoposti a un indottrina­mento pesante, per poi utilizzarl­i nei video di propaganda come boia. Erano e sono i «leoncini», i «cuccioli» cresciuti per portare avanti la lotta quando i padri non ci saranno più. Sono creature senza infanzia e forse senza un futuro a meno che non ci siano dei programmi ad hoc che li riportino a una vita normale, sempre che superino traumi inauditi. E anche volendo è tutt’altro che semplice convincere alcune madri, immerse fino al collo nell’attività politica a collaborar­e in un’attività di de-radicalizz­azione speciale, studiata per bimbi. Che non sono tutti uguali.

I francesi hanno individuat­o tre categorie: i partiti al seguito dei genitori, i nati nelle zone di guerra, i nati in Europa e con il padre sui fronti del Jihad. È evidente che ognuno presenta un aspetto diverso, molto personale, con caratteris­tiche che cambiano a seconda dell’ambiente. I belgi, con la collaboraz­ione dei turchi, sperano in piccoli centri di passaggio nel settore di Idlib, dove chi vuole tornare può presentars­i. È solo il primo passo, sperimenta­le. Una volta tornati a casa devono essere presi in carico da psicologi ed esperti, al tempo stesso serve un setaccio per evitare sorprese. Per gli

Esistono almeno tre categorie: i minori partiti al seguito dei genitori, quelli nati nelle zone di guerra e quelli nati in Europa con i padri sui fronti del Jihad. Bambini senza infanzia e senza colpe

adolescent­i c’è anche un percorso giudiziari­o minorile. Non va dimenticat­o che l’Isis, nel 2017, è riuscito a reclutare in Francia e Germania numerosi sedicenni ai quali aveva affidato il compito di condurre attacchi. Ordini impartiti in modo remoto, via Internet.

Se il collasso dovesse proseguire è probabile che gli ispiratori cercherann­o di coinvolger­e i più giovani in quanto manipolabi­li. Esseri fragili trasformat­i in vuoti a perdere e istigati a compiere attentati. Per i governi occidental­i è forte la tentazione di lasciare queste comunità di connaziona­li in Medio Oriente. Gli irriducibi­li rischiano di lasciarci la pelle, i familiari rimangono in un limbo. La sorte affidata al caso. Per i primi non piangiamo, pagano per i loro crimini. Lo stesso non possiamo dire dei bambini plagiati e finiti sotto la bandiera di Al Baghdadi. Loro non hanno scelto.

 ??  ?? Comandante Rojda Felat, del gruppo Sdf (Syrian Democratic Forces), sventola la sua bandiera a piazza al-Naim (Bulent Kilic / Afp)
Comandante Rojda Felat, del gruppo Sdf (Syrian Democratic Forces), sventola la sua bandiera a piazza al-Naim (Bulent Kilic / Afp)
 ??  ?? Vittoria I guerriglie­ri che hanno espugnato Raqqa hanno l’appoggio Usa
Vittoria I guerriglie­ri che hanno espugnato Raqqa hanno l’appoggio Usa
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Bandiera Verso l’ospedale, ultima roccaforte (Erik De Castro)

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