Malta non piange per la reporter uccisa Il figlio di Daphne: «Il governo è complice»
Niente lutto nazionale, duecento in piazza. Il premier Muscat: «Lei minacciata dall’opposizione»
DAL NOSTRO INVIATO
#jesuisdaphne? Mica tanto. Non scendono le bandiere a mezz’asta. Non scende in piazza molta gente: all’una e mezza, per piangere davanti al tribunale la loro Politkovskaja, i maltesi sono sì e no duecento; lunedì sera, a fiaccolare, poche migliaia. Si canta l’Innu Malti, «questa nostra bella terra adornata della luce più dolce…». Ma niente lutto nazionale, nessun minuto immobile. Solo sulla barriera sonora d’una provinciale, ieri mattina, qualcuno ha spruzzato a spray nero l’ultimo post della giornalista Daphne Caruana Galizia, fatta a pezzi lunedì da un’autobomba: «Vedo corruzione ovunque, la situazione è disperata».
Diceva Dalla Chiesa che ai funerali d’un ammazzato, la corona più bella, è sempre quella del mandante. Qui né fiori, né opere, e poche candele: l’isola dei tesori si chiude in un silenzio corleonese. Lo rompono gli avvocati amici del marito Peter, «il governo ha fallito, l’ultima speranza sono i tribunali». L’annulla l’urlo di Matthew, il primo dei tre figli, giornalista pure lui che aiutava Daphne a indagare sui Panama Papers e ad accusare di corruzione il primo ministro. Il primo a capire che cos’era successo, «vagavo intorno a quell’inferno cercando un modo per aprire la portiera, il clacson suonava fisso, urlavo a due poliziotti che arrivavano con un estintore, ho guardato in terra e ho visto intorno a me i brandelli del suo corpo smembrato…». Il primo a dire che sa chi è stato, «questa è guerra, siamo persone in guerra contro lo Stato mafioso e il crimine organizzato, che sono diventati indistinguibili», dando del pagliaccio al premier e ai suoi ministri: «Joseph Muscat, Schembri, Cardona, Mizzi, il procuratore generale e i commissari di polizia che non hanno agito: siete complici. Siete responsabili di questo».
Responsabilità: da cercare a Sul sito del
tutti gli aggiornamenti e le immagini sull’assassinio della giornalista maltese Malta o fuori. Ascoltando i pochi amici, interrogando i mille nemici. Non sarà facile e Julian Assange, Mr Wikileaks, già offre 20mila euro a chi collaborerà. Non si parla d’altro, ma sussurrando: «Non voglio dire qualcosa a un ragazzo che ha trovato la madre a pezzi – concede e passa oltre il premier laburista Muscat -, al suo posto direi anche di peggio. Io so che ultimamente lei aveva ricevuto minacce da esponenti dell’opposizione…». La odiavano proprio, come si vede dai messaggini che le mandavano coi coltelli per emoticon. O dal post d’un poliziotto, il sergente Mifsud, che saputo dell’autobomba ha esultato - «Ognuno si prende quel che si merita !!!!!! Felicità:)» – ed è stato naturalmente sospeso dall’incarico. Dal capo dell’opposizione nazionalista Adrian Delia al governatore della Banca centrale, l’anti-laburista Daphne azzannava chiunque. Perfino la giudice dell’inchiesta s’è dovuta astenere per incompatibilità: la blogger aveva tirato in ballo anche lei. Nella Panama mediterranea, il vescovo Scicluna si preoccupa di non rompere il muro della coesione: «Questo non è il momento d’innescare guerre fra di noi». Nella campagna fuori Valletta, intorno al cartoccio della Peugeot saltata per aria con due esplosioni a 4 secondi l’una dall’altra, i periti olandesi e quelli dell’Fbi «fettucciano» chilometri di fichidindia, piazzano riflettori e tende biancoblù per raccogliere i frammenti. A Bidinija, il villaggetto dei Caruana Galizia, il dolore dei vicini è così composto da far dire al calzolaio che, insomma, «il suo blog era davvero molto duro, ma in fondo lei faceva solo il suo mestiere…».
La Procura non sembra voler riaprire i Panama Papers. Del resto all’investigatore principale del caso, il detective Jonathan Ferris, è stato tolto il fascicolo: ora lavora da solo, mobbizzato. E del resto è una questione ormai arrivata in tribunale, ci dice una fonte di polizia, «e la stessa Daphne non ci stava più lavorando: che senso aveva ammazzarla adesso?». Il confine fra scandalo e normalità è molto sottile, a Malta. E quel che altrove chiamano riciclaggio, qui è un motore economico. E se qualcosa non si deve dire, ci sono le autobombe:
L’ultimo appello L’ultimo post prima dell’autobomba: «Vedo corruzione ovunque, la situazione è disperata» Coltelli Le mandavano sms coi coltelli per emoticon Da Assange 20 mila euro a chi collabora
sei, soltanto negli ultimi due anni. Affaristi e mercanti di migranti, pregiudicati e manager. L’esplosivo C4 arrivato dalla Sicilia, le mani di chissacchì. Se n’era occupata anche Daphne, scoprendo che i cadaveri eccellenti c’entravano sempre con qualche politico. D’uno, aveva fatto anche il nome. Tanto per non tacere.