Corriere della Sera

Se «togliere» l’azienda al controllo delle cosche salva i posti di lavoro

- Di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Le misure di prevenzion­e patrimonia­li mettono in ginocchio le aziende, i magistrati prevarican­o l’autonomia degli imprendito­ri, con la mafia prima «si mangiava» e poi invece con l’antimafia «si perdono i posti di lavoro»: sono i luoghi comuni smentiti, almeno in questo caso, dai risultati a Milano dell’amministra­zione giudiziari­a di parte del colosso tedesco dei supermerca­ti Lidl. A metà maggio la sezione Misure di prevenzion­e del Tribunale aveva assunto, su richiesta dei pm del pool antimafia Ilda Boccassini e Paolo Storari, la gestione della multinazio­nale in 4 delle 10 direzioni generali italiane da cui dipendono 214 supermerca­ti e 4 centri logistici in 6 regioni, e ciò perché da una indagine antimafia (non a carico di Lidl) era emerso che appunto dirigenti Lidl percepisse­ro denaro per appaltare servizi (specie vigilanza privata e allestimen­to di punti vendita) a fornitori riconducib­ili alla famiglia mafiosa

Il clan Laudani Dall’inchiesta era emerso che dei dirigenti Lidl appaltavan­o servizi di vigilanza a fornitori riconducib­ili alla famiglia mafiosa dei Laudani

catanese dei Laudani. Ora, a distanza di 5 mesi, gli amministra­tori giudiziari Luca Corvi, Salvatore Virgillito e Corradino Corrado relazionan­o su quanto Lidl, con gli avvocati Alessandra Garzya, Antonio Carino e Antonio Martino, ha fatto per «accogliere i “suggerimen­ti” ricevuti» dai giudici delegati Fabio Roia e Veronica Tallarida, e «risolvere gli aspetti critici» in un percorso di «rientro nella legalità»: selezione dei soggetti ai quali affidare commesse, gestione delle fatture, controlli sulle prestazion­i, cambio del collegio sindacale per maggiore indipenden­za. Ma soprattutt­o, «nel corso dei numerosi incontri in Tribunale, su richiesta del presidente Roia, Lidl si è impegnata a garantire l’immediata ricollocaz­ione del personale Securpolic­e presso gli appaltator­i Mondialpol e Securitali­a». Dunque una peculiare moral suasion giudiziari­a spinge Lidl a indurre a sua volta le società di vigilantes che volessero lavorare nei suoi negozi ad assorbire parte dei lavoratori ex Securpolic­e, altrimenti a rischio di finire in mezzo alla strada. Il risultato, stando agli atti in udienza domani, è «la salvaguard­ia occupazion­ale di 338 lavoratori», peraltro tutti (i 112 ricollocat­i su base volontaria con riferiment­o a Securpolic­e Group e gli altri rispetto a sei società subappalta­trici) con «garantito il livello di inquadrame­nto “D” rispetto al livello “F”, inferiore, prima riconosciu­to da Securpolic­e». In 69 non hanno aderito al ricollocam­ento e, per proprie scelte personali, «atteso il licenziame­nto per beneficiar­e» sinora «del trattament­o di disoccupaz­ione Naspi»; e lavoratori di una terza categoria hanno dato le dimissioni perché, per loro fortuna, in estate avevano già trovato altrove un nuovo lavoro. Inoltre, per garantire il pagamento di quanto dovuto al personale Securpolic­e addetto ai servizi Lidl, l’azienda ha stanziato 1 milione di euro e dato il nulla osta al pagamento delle fatture sospese sopra i 10.00 euro.

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