Se «togliere» l’azienda al controllo delle cosche salva i posti di lavoro
Le misure di prevenzione patrimoniali mettono in ginocchio le aziende, i magistrati prevaricano l’autonomia degli imprenditori, con la mafia prima «si mangiava» e poi invece con l’antimafia «si perdono i posti di lavoro»: sono i luoghi comuni smentiti, almeno in questo caso, dai risultati a Milano dell’amministrazione giudiziaria di parte del colosso tedesco dei supermercati Lidl. A metà maggio la sezione Misure di prevenzione del Tribunale aveva assunto, su richiesta dei pm del pool antimafia Ilda Boccassini e Paolo Storari, la gestione della multinazionale in 4 delle 10 direzioni generali italiane da cui dipendono 214 supermercati e 4 centri logistici in 6 regioni, e ciò perché da una indagine antimafia (non a carico di Lidl) era emerso che appunto dirigenti Lidl percepissero denaro per appaltare servizi (specie vigilanza privata e allestimento di punti vendita) a fornitori riconducibili alla famiglia mafiosa
Il clan Laudani Dall’inchiesta era emerso che dei dirigenti Lidl appaltavano servizi di vigilanza a fornitori riconducibili alla famiglia mafiosa dei Laudani
catanese dei Laudani. Ora, a distanza di 5 mesi, gli amministratori giudiziari Luca Corvi, Salvatore Virgillito e Corradino Corrado relazionano su quanto Lidl, con gli avvocati Alessandra Garzya, Antonio Carino e Antonio Martino, ha fatto per «accogliere i “suggerimenti” ricevuti» dai giudici delegati Fabio Roia e Veronica Tallarida, e «risolvere gli aspetti critici» in un percorso di «rientro nella legalità»: selezione dei soggetti ai quali affidare commesse, gestione delle fatture, controlli sulle prestazioni, cambio del collegio sindacale per maggiore indipendenza. Ma soprattutto, «nel corso dei numerosi incontri in Tribunale, su richiesta del presidente Roia, Lidl si è impegnata a garantire l’immediata ricollocazione del personale Securpolice presso gli appaltatori Mondialpol e Securitalia». Dunque una peculiare moral suasion giudiziaria spinge Lidl a indurre a sua volta le società di vigilantes che volessero lavorare nei suoi negozi ad assorbire parte dei lavoratori ex Securpolice, altrimenti a rischio di finire in mezzo alla strada. Il risultato, stando agli atti in udienza domani, è «la salvaguardia occupazionale di 338 lavoratori», peraltro tutti (i 112 ricollocati su base volontaria con riferimento a Securpolice Group e gli altri rispetto a sei società subappaltatrici) con «garantito il livello di inquadramento “D” rispetto al livello “F”, inferiore, prima riconosciuto da Securpolice». In 69 non hanno aderito al ricollocamento e, per proprie scelte personali, «atteso il licenziamento per beneficiare» sinora «del trattamento di disoccupazione Naspi»; e lavoratori di una terza categoria hanno dato le dimissioni perché, per loro fortuna, in estate avevano già trovato altrove un nuovo lavoro. Inoltre, per garantire il pagamento di quanto dovuto al personale Securpolice addetto ai servizi Lidl, l’azienda ha stanziato 1 milione di euro e dato il nulla osta al pagamento delle fatture sospese sopra i 10.00 euro.