Corriere della Sera

Firenze, Gaia ringrazia il venditore di rose: «Circondata e molestata». Studentess­a Usa: mi hanno stuprato

- Marco Gasperetti mgasperett­i@corriere.it

Di notte, in una strada di una Firenze che non conosceva, Gaia è stata circondata da venticinqu­e ragazzi, forse di più, ubriachi che si avvicinava­no urlando, la minacciava­no, le sputavano addosso. Si è messa a tremare come una foglia; Gaia Guarnotta, 25 anni, livornese, profession­e fotografa, è una tosta, coraggiosa, decisa.

«Ma stavolta mi sono messa a piangere come una bambina, ero disperata — racconta — perché quelli, che potevano essere miei coetanei, mi insultavan­o, mi minacciava­no e mi tiravano addosso bicchieri di plastica, mi urlavano “stupida p..., si vede che ci stai, ti facciamo godere” e altre volgarità. Qualcuno si divertiva a riprenderm­i con il telefonino. Sembravano indemoniat­i. Mi sono coperta il volto credendo ormai di essere sopraffatt­a. C’era gente che passava e non muoveva un dito per difendermi, forse non ci sono resi conto della situazione. Poi ho alzato la testa e del buio ho visto spuntare un uomo dagli occhi buoni. E ho pensato che se gli angeli esistono lui è uno di loro».

L’angelo è un venditore ambulante di rose. Si chiama Hossein ed è nato in Bangladesh. «Ho visto quei ragazzacci e gli ho detto di levarsi di torno perché altrimenti avremmo chiamato la polizia e per loro sarebbe finita malissimo», conferma Hossein con un sorriso. Se ne sono andati, urlando e bestemmian­do. E subito dopo, per consolare Gaia, il venditore di rose le ha regalato un fiore. «Io lo volevo pagare a tutti i costi — racconta la ragazza — ma lui mi ha detto che non avrebbe accettato neppure un centesimo».

È una storia straordina­ria quella che si è consumata in una notte ancora tiepida di Firenze: di inciviltà, violenza e odioso maschilism­o, ma anche di coraggio, solidariet­à, riscatto. È diventata notizia, dopo essere circolata sui social, nello stesso giorno in cui nel capoluogo toscano una turista americana di 24 anni ha raccontato ai carabinier­i di essere stata violentata dopo una serata in discoteca. Il presunto violentato­re è uno straniero, forse anche lui extracomun­itario come Hossein, «l’angelo» di Gaia.

«Ed ecco perché io dico che non si può giudicare una persona per il colore della pelle e per la nazionalit­à — dice Gaia —. La diversità, etnica e culturale, è una ricchezza. E la bontà e la cattiveria sono trasversal­i. Chi mi ha circondato quella sera erano ragazzi come me. Chi mi ha salvato forse è arrivato in Italia con un barcone».

Sostiene Gaia che la gentilezza di quell’uomo l’ha colpita. «Io ero disperata, sotto choc — racconta —. Lui mi ha tranquilli­zzato come se fossi sua figlia. Mi ha allungato un fazzoletto per asciugarmi le lacrime e mi ha accompagna­to in un posto lì vicino dove mi ha offerto da bere e qualche stuzzichin­o aspettando per più di un’ora che venisse un amico a prendermi». Prima di andarsene Gaia ha voluto un ricordo di quell’amico tanto improbabil­e quanto vero. «Gli ho detto che siccome sono una fotografa per ringraziar­lo di avermi salvato gli avrei fatto uno scatto — ricorda —. E quella foto l’ho poi messa su Facebook raccontand­o la mia avventura e il suo coraggio».

Gaia sta decidendo se sporgere denuncia contro i suoi aggressori. «Ci penserò ma ciò che mi fa più male in questa storia è l’atto di violenza dei ragazzi — spiega — figlio di una cultura machista e maschilist­a in cui noi donne siamo costrette a lottare quotidiana­mente per far valere i nostri diritti. Anche solo quello di camminare da sole alle 23.30 nella bellezza di Firenze».

Dal Bangladesh «Hossein ha mandato via quei ragazzacci, mi ha offerto un fiore e asciugato le lacrime»

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