LA CONFUSIONE POLITICA CONSEGUENZA INEVITABILE
Se si andasse a votare con la normativa approvata alla Camera, andremmo incontro a un governo di coalizione di eterogenee coalizioni
Molto probabilmente andremo a votare in marzo con la legge elettorale da poco approvata alla Camera e in attesa di essere approvata in Senato. È una legge che prevede l’elezione di un terzo dei parlamentari in collegi uninominali, dove prevale il candidato che ha preso un voto in più degli altri, e in ciò sta il suo aspetto maggioritario, disproporzionale, perché i voti ottenuti dagli altri candidati vanno persi. Proporzionale è invece l’assegnazione di seggi ai singoli partiti per il restante due terzi dei parlamentari. Per far prevalere un candidato nei collegi uninominali i partiti hanno un forte interesse a coalizzarsi e a scegliere un candidato comune, come avveniva nel Mattarellum: di fatto ci saranno dunque coalizioni cui sarà in prima istanza intestata la somma dei seggi ottenuti nei collegi uninominali e di quelli ottenuti dai singoli partiti nella parte proporzionale del sistema. Stando ai sondaggi prevalenti, sembra oggi impossibile che un singolo partito non coalizzato (i 5 Stelle?) o una singola coalizione (centrodestra o centrosinistra?) ottenga una maggioranza assoluta di seggi sia alla Camera che al Senato. Sicché un governo, se poi sarà possibile, dovrebbe essere sostenuto da una... coalizione di coalizioni. Ora, non soltanto le coalizioni sono eterogenee tra loro negli orientamenti politici di fondo (i programmi, per quel che possono valere in questo contesto, ancora non sono noti), ma sono forse ancor più eterogenee al loro interno: per dare un esempio sul lato del centrodestra — l’unico che ha sinora annunciato, se pure non ufficialmente, la coalizione con cui intende presentarsi — si pensi alle differenze tra Forza Italia, associata al Partito popolare europeo, e la Lega, la cui affinità con il partito di Marine Le Pen è vantata con orgoglio da Matteo Salvini.
Sembrerebbe non esserci alcuna via d’uscita se le singole coalizioni dovessero «tenere», votare compatte in Parlamento. Ma è possibile che l’eterogeneità interna delle coalizioni sia in grado di risolvere il problema prodotto dall’eterogeneità tra le coalizioni: i parlamentari eletti in un partito «coalizzato» mica sono obbligati a restare fedeli alla coalizione, o, se per quello, al loro stesso partito. Le coalizioni all’italiana sono, quale più, quale meno, espedienti elettorali per catturare voti, che poi saranno giocati in Parlamento secondo valutazioni individuali (dei singoli Errori Tutti abbiamo fatto molto, anche se con diverse responsabilità: nessuno è innocente
parlamentari) e collettive (dei singoli partiti). Valutazioni non motivate soltanto dall’interesse personale, e quasi sempre rese necessarie dalla frammentazione del nostro sistema politico. Quando i capi-coalizione asseriscono che mai si accorderanno per il governo con coalizioni e partiti avversari, essi considerano o solo il caso in cui, sia alla Camera che al Senato, possono disporre di una maggioranza assoluta, o si impegnano a rendere impossibile qualsiasi governo. Il primo caso è, alla luce degli attuali sondaggi, del tutto improbabile: come ha mostrato D’Alimonte con il suo «pallottoliere» (Sole 24 Ore, 15 ottobre), esso implica maggioranze tra il 55 e il 70% o oltre strappate nei collegi uninominali e, insieme, percentuali tra il 45 e il 50% o oltre ottenute nel proporzionale. Il secondo caso ci condurrebbe a nuove elezioni, e non è detto che sarebbero risolutive, al di là dei rischi di attacchi speculativi contro il nostro debito pubblico e le nostre banche che esse comporterebbero.
La conclusione è allora ineludibile, e cito ancora D’Alimonte: «Il prossimo governo dovrà necessariamente nascere dalla scomposizione delle coalizioni che si presenteranno davanti agli elettori e dalla loro ricomposizione in una maggioranza di governo che non corrisponderà alle solenni promesse fatte agli elettori al momento del voto». Mi viene in mente una vecchia espressione spagnola: «Che cosa abbiamo fatto per meritarci questo?». Tutta questa confusione? Abbiamo fatto molto, ci siamo messi d’impegno. Tutti, anche se con diverse responsabilità ed errori, e nessuno è in fondo innocente. Sono responsabili quei politici che hanno costruito il loro successo assecondando l’indignazione popolare oppure fornendo ad essa buone giustificazioni. Sono responsabili le classi dirigenti del settore pubblico e privato che non hanno fatto fino in fondo il loro mestiere e, insieme ai politici, hanno condannato il Paese al ristagno. Sono responsabili gli intellettuali che sono stati incapaci di rendere egemone una visione realistica dei nostri problemi, schiavi di visioni ed analisi obsolete e ideologiche. Metto per ultimo il popolo, la gran massa degli elettori, e non perché sia innocente: siamo in democrazia e le élite hanno sempre goduto del consenso popolare. Ma perché è quello che, nell’insieme, pagherà più caro il prezzo dell’attuale confusione politica.