Salini Impregilo taglia il costo del debito
Operazione da 1 miliardo, 400 milioni in obbligazioni. Ferrari: tutte le scadenze spostate oltre il 2019
Da un lato — quello delle costruzioni e delle infrastrutture — ristruttura e crea in giro per il mondo strade, dighe, ponti; dall’altro — quello finanziario — Salini Impregilo mette mano al proprio debito con una maxi operazione di rifinanziamento da 1 miliardo di euro, poco meno della metà di tutto l’indebitamento pari a 2,4 miliardi a giugno 2017.
Il board presieduto da Alberto Giovannini e guidato dall’amministratore delegato Pietro Salini ha esaminato ieri un’operazione a lungo termine che, spiega una nota, «rafforza la struttura finanziaria del gruppo, riducendone il costo e portando circa l’80% delle scadenze oltre il 2020». «In appena un anno, dal bond emesso durante Brexit a giugno 2016, abbiamo rinnovato il 95% del debito corporate del gruppo», spiega il direttore generale e cfo Massimo Ferrari.
Lo schema del maxi rifinanziamento prevede nei prossimi giorni l’emissione di obbligazioni senior non garantite, settennali, per 400 milioni, a tasso fisso; due nuove linee senior non garantite a lungo termine
per 380 milioni, che serviranno per rimborsare il bond da 280 milioni in scadenza a fine agosto 2018; una linea revolving per ulteriori 200 milioni, anch’essa in scadenza al 2022. Le banche coinvolte sono Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bnp Paribas, Natixis, Santander, Bbva, Goldman Sachs (solo sul bond) e anche Banco Bpm e Mps.
«Le condizioni di mercato, sia del debito bancario sia di quello dei bond, sono favorevoli, c’è grande liquidità e con il nostro merito di credito (BB+
da Standard & Poor’s) in una prospettiva a cinque anni era doveroso cogliere questa opportunità», continua Ferrari. Il costo del debito si ridurrà di circa 80 punti base. I tassi potrebbero aggirarsi attorno a 2,20%-2,50% supra l’Euribor.
«Ciò che è rilevante è che tutto il debito adesso scadrà dopo la fine dell’attuale piano industriale al 2019 e supporterà un’azienda completamente diversa da quella attuale, con un peso degli Usa sul fatturato che sarà superiore all’attuale 30%» conquistato con l’acquisizione di Lane, che ha fatto diventare Salini Impregilo l’ottavo costruttore internazionale sul mercato Usa. L’Italia pesa invece per circa il 7%.
Le linee del nuovo piano sono identificate: il peso dei primi 10 progetti è già ridotto sotto il 50% del fatturato totale e ci sarà una presenza importante in aree sviluppate come Europa e Usa. Il nuovo piano, previsto per la primavera 2019, «potrebbe anche prevedere espansioni per via inorganica, per linee esterne, che oggi questo piano non prevede», aggiunge Ferrari.
Tra i nuovi ordini, per 4 miliardi di euro nel semestre, ci sono l’Alta Velocità Napoli-Bari, l’aeroporto internazionale Al Maktoum a Dubai, un tunnel fognario a Washington. Proprio sull’importanza degli Usa si è soffermato ieri Pietro Salini a un convegno a Milano: «Negli Stati Uniti la legge è vicina alle imprese e questo fa degli Usa un Paese speciale, mentre in Italia si è sempre concentrati sulle procedure per fare e non su “cosa” fare». Gli Usa sono importanti, ha sottolineato Salini, anche per l’invecchiamento delle costruzioni in calcestruzzo più antiche da rimodernare: «Sono a rischio collassi 14 mila dighe».
«Il valore delle attività Usa salirà oltre il 30%. Con il nuovo piano possibili acquisizioni»