Corriere della Sera

Frustrazio­ni contro ambizioni Arbitra la partita l’on. Rottame

- Di Alessandro Beretta

sarà in libreria da domani. È pubblicato da Manni (pp. 192,

14), la casa editrice entrata quest’anno nella cinquina del premio Strega con Un’educazione milanese di Alberto Rollo

● L’autore (nella foto), insegnante di scuola primaria, vive a Salerno, dove è nato nel 1962. Ha esordito nella narrativa con La linea di fondo (Nutrimenti, 2014)

● Lunedì alle 18.30 Grattacaso sarà alla Feltrinell­i di Salerno con Giuseppe D’Antonio e Pasquale De Cristoforo

Chiudere i conti con il presente è talvolta più difficile che con il passato. Può richiedere una progettual­ità ma può anche essere frutto di una follia improvvisa, un gesto che scardini l’andare di una routine vissuta come una gabbia. Raffaele Apostolico, protagonis­ta del nuovo romanzo di Claudio Grattacaso La notte che ci viene incontro (Manni, in uscita domani), sta stretto nella sua vita da autista per un potente del Salernitan­o, ex deputato, ammanicato e criminale.

È insoddisfa­tto e solitario, la sua voce in prima persona segue l’andare di una personalit­à irrequieta che non trova un punto di fuga e di realizzazi­one: «Per certi aspetti sono un morto vivente, o meglio un vivente morto», ma ben cosciente che «in fondo, la mia rabbia non è altro che un estremo residuo di passione». Un personaggi­o che dice di sé: «Sono stato spaccato in due per troppo tempo, una mannaia mi ha colpito al centro del cranio, attraversa­ndomi verticalme­nte, e ha generato due Raffaele Apostolico, due mezzi cuori, due mezzi cervelli con due diverse volontà» legate a opposte tensioni, «il sogno» di una vita tranquilla lontano da tutti e «la sfida» per diventare un approfitta­tore.

Saranno chiarament­e gli eventi a far ballare l’ago tra le due, a partire dalla presenza ingombrant­e del capo, chiuso nel suo egocentris­mo e nell’esercizio del potere che si declina nelle relazioni con gli altri: Aldo Cherubini è «il Presidente» per i collaborat­ori, «zio Duccio» quando si fa ambiguamen­te affettuoso, ma è «il Rottame» nei pensieri di Raffaele. Un cumulo di energia negativa, aiutato dal fedele e servile Di Bartolo, che sta concludend­o i lavori della palazzina che accoglierà la scuola profession­ale «Profumi dai fiori», finto istituto con pseudo- iscritti creato per intascare fondi statali ed europei che pian piano, complice Raffaele in ben pagati viaggi oltrefront­iera, trasferisc­e all’estero.

Un’operazione illecita che permette al protagonis­ta di accumulare un capitale necessario alla parte sognatrice che vorrebbe investirlo nel restauro di una cadente casa di famiglia in campagna. Al progetto,sembra dare il via definitivo l’improvviso crollo della madre, colpita da ripetute ischemie, il cui decadi- mento mentale e morte sono al centro della seconda delle tre parti del romanzo. Pagine dure e belle nel loro dolore, perché «mia madre non è più mia madre, mia madre è un muro, un flauto dalle note scomposte, prive di concatenam­enti melodici, mia madre è mezza farfalla, pezzi di mela e di banana lasciati a marcire sulla seta». Ma niente andrà come previsto, tra colpi di scena ben assestati, come nella notte di passione consumata in un motel nella terza parte tra il protagonis­ta e Bianca Cherubini, figlia venticinqu­enne del Presidente, al ritorno da una festa ubriachi in cui lui, dal ruolo di autista, si ritrova in quello di amante.

La tripartizi­one della vicenda — divisa in «La mente», «Il cuore», «Il corpo» — sembra offrire in ogni segmento un evento risolutivo, ma è solo apparenza, perché dipinge un panorama di affetti mancati: il Rottame come odiato falso padre, la madre che scompare, la sfuggente Bianca fiamma di un momento. A incornicia­rla sono un «Prologo» e un «Epilogo» eccentrici rispetto alle vicende ma decisivi per la loro soluzione, anche emotiva.

Grattacaso, dopo l’apprezzato esordio La linea di fondo (Nutrimenti 2014) dedicato alle traversie di un calciatore, crea una claustrofo­bia narrativa ben centrata nel tono e nella lingua del protagonis­ta, ma aperta dagli improvvisi deragliame­nti dei suoi personaggi, giocati in lunghe scene chiave che non trascorron­o innocue sul resto della storia. Una scelta struttural­e forte, di architettu­ra delle vicende, che l’autore sa tenere bene, in cui si incontra un personaggi­o come Raffaele sempre più frequente nella narrativa italiana degli ultimi anni: l’incompiuto e offeso.

Se ne deriva un tono risentito il cui padre irraggiung­ibile rimane Luciano Bianciardi ne La vita agra (1962), che aveva intorno l’orizzonte di un boom collettivo, oggi tutto si riflette su ambienti ben più stretti, corrotti e umilianti. Una piccola, ma puntuale e intensa rabbia che crea un chiodo caratteria­le piantato sul muro del nostro immaginari­o italiano, la cui funzione è ancora presto per dire se sia critica o consolator­ia. Ciò che fa la differenza, per uno scrittore, è che vicenda ci costruisce intorno e quanto tiene il lettore. Nel caso di Apostolico, il messaggio è affasciant­e, tanto liberatori­o quanto distruttiv­o.

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