Le rockstar del tennis
L’anteprima Alla Festa di Roma il film diretto da Metz. Il regista: non solo sport, ho fotografato due solitudini «Borg e McEnroe, la rivalità sul grande schermo A 20 anni prigionieri di una carriera leggendaria»
Björn Borg giocava a tennis da fondo campo, inventò la rotazione del top spin e il rovescio a due mani; John McEnroe baciava la rete con le sue volée da mancino. Il primo aveva lunghi capelli biondi sistemati con una fascetta, le spalle larghe, le magliette attillate che facevano impazzire le ragazzine ed era un imperturbabile sul campo; l’altro per i tabloid era «il moccioso» aveva due avversari, l’altro giocatore e se stesso, sfasciava le racchette e insultava gli arbitri, cominciando da You cannot be serious (Non puoi dire sul serio), che è il titolo della sua autobiografia.
Questa rivalità leggendaria è il film Borg McEnroe. Il 3 novembre va alla Festa del cinema di Roma, Lucky Red lo fa uscire il 9 nelle sale. C’è un’attesa incredibile nei social. McEnroe è Shia LaBeouf, che quanto a bravate non gli è da meno (risse, alcol, disavventure con la polizia), Borg è il meno conosciuto attore islandese Sverrir Gudnason. «Si sono allenati tutti i giorni per sei mesi, hanno assorbito lo stile dei due campioni», dice il regista Janus Metz, «parlo del prezzo del successo e di come i due più grandi tennisti del mondo, poco più che ventenni, fossero già prigionieri della loro carriera. Avevano la capacità di spingersi ai limiti e di superarli. Non è un film solo per gli appassionati di tennis, c’è la solitudine del campione, un percorso esistenziale».
La leggendaria finale di Wimbledon del 1980, quinta vittoria consecutiva di Borg a Londra, occupa «il 20 percento delle riprese». Il «sacro» torneo (l’obbligo della tenuta bianca, l’erba di 8 millimetri, le fragole con la panna, l’inchino ai membri della corona ) visse un tie-break che si concluse dopo 34 punti. «Quel giorno si resero conto che la sola persona in grado di capire quello che l’altro stesse vivendo era il suo avversario. Ho usato una fotografia cruda, camera a mano e steady cam per avere immediatezza e realismo». A McEnroe il film non è piaciuto granché: «Forse voleva essere coinvolto nel progetto, se avessi messo la finale di Wimbledon dell’81, da lui vinta, sarebbe stato più felice. Björn invece è contento, venne sul set a trovarci, suo figlio Leo, 14 anni, interpreta il padre da adolescente, quando era irrequieto, un piccolo McEnroe. L’ha visto anche Federer, è rimasto colpito dal realismo, la pressione dell’ambiente...». Ecco le parole di un altro campione tormentato, Agassi: «Ogni match è una vita in miniatura». Ci sono i loro démoni e gli stili opposti: lo svedese prolungava lo scambio aprendosi gli angoli, l’americano voleva risolverlo subito; due archetipi popolari. Uno cambiò il tennis(in un Paese in cui non esisteva prima di lui), l’altro lo teatralizzò.
Borg aveva una serie di rituali nevrotici prima di un match, McEnroe ascoltava il rock in cuffia (che poi avrebbe cercato di suonare in pubblico, senza talento). È riduttivo chiamarli il robot e il fantasista. Ma dà l’idea di ciò che è stato. «Non erano solo due uomini che giocavano a tennis. Si trattava dello scontro tra due continenti, due caratteri opposti messi uno di fronte all’altro». Quando nel 1978 si incontrarono la prima volta, Björn era una specie di divinità vichinga, John un debuttante di successo (lo conobbe facendogli da raccattapalle). Fuori dal campo si scambiavano le parti, a fare le ore piccole in discoteca,con il collega Gerulaitis, era Borg. Dopo le partite trascinava John a farsi più di una birra al pub. Oggi McEnroe fa il commentatore sportivo, Borg dopo alterne vicende economiche pensò di vendere parte dei suoi trofei. «Erano due facce della stessa medaglia». Un anno e due mesi dopo quella finale del 1980, sconfitto da John agli US Open Borg gli strinse la mano, prese il borsone e si ritirò. Senza cerimonie né conferenze stampa. Aveva appena 25 anni. «Fu una pazzia», ha detto di recente. «La sua decisione è stato il più grande dolore della mia vita», commentò McEnroe, «si mise in un vicolo cieco da cui non è riuscito a uscire».
Perché la rivalità tra Federer e Nadal non è altrettanto potente? «Borg e McEnroe furono le prime rockstar del tennis, Björn era un sex symbol, John era elettrizzante, poi all’epoca era tutto più umano, si avevano meno informazioni ma più accesso ed era naturale il meccanismo dell’identificazione».
John non ha gradito, voleva essere coinvolto: se avessi messo la finale di Wimbledon dell’81, da lui vinta, sarebbe stato più felice Janus Metz