Corriere della Sera

«Occident Express» di Massini A teatro l’odissea di una profuga

L’autore: una storia di guerra senza retorica, in scena anche a Broadway

- Emilia Costantini

ROMA «Mi chiamo Haifa. Ho i capelli bianchi. Non ho l’età per tutto questo viaggio, ma un giorno sono partita, se sono arrivata chi può dirlo». Haifa è un nome fittizio, però la sua storia è vera: 2015, una donna anziana di Mosul fugge con la nipotina di 4 anni, percorre 5 mila chilometri dall’Iraq al Baltico, attraverso la rotta di Balcani. Stefano Massini, consulente artistico del Piccolo Teatro di Milano, la racconta nel suo testo teatrale Occident Express che debutta stasera al Morlacchi di Perugia, prodotto dallo Stabile umbro. Protagonis­ta Ottavia Piccolo con l’Orchestra multietnic­a di Arezzo diretta da Enrico Fink.

«Nel marzo 2016, un importante quotidiano europeo mi chiede di fare un’intervista a questa donna, per raccontare le sue peripezie — spiega l’autore, erede di Luca Ronconi —. La chiamo al telefono e, con l’aiuto di un interprete, entro in contatto con una cronaca di fatti di inaudita violenza, terrore, tenerezza, umanità. Haifa, scampata a una mattanza dell’Isis nel suo Paese fingendosi morta, diventa una nomade forzata e, con una bambina al collo, intraprend­e il suo cammino, incontrand­o altri forzati migranti, per raggiunger­e la salvezza: ora vive a Stoccolma». Un cammino irto

di pericoli che la costringe persino a strisciare nel tubo di un ex gasdotto fra Kurdistan e Turchia, usato dai corrieri della droga. «Il traffico infame avviene anche così — continua Massini —. Questi poveri disgraziat­i, pur di ottenere un lasciapass­are, sono costretti a ingoiare ovuli di eroina, cocaina, che poi risputano fuori: diventano, loro malgrado, trafficant­i essi stessi. Il mio articolo, per ragioni di prudenza, non venne mai pubblicato e ho

pensato di tradurlo drammaturg­icamente».

Ottavia Piccolo è nei panni di Haifa, la nipotina Nassim viene solo evocata, i musicisti polistrume­ntisti incarnano a loro volta gli altri personaggi: «Mi è sembrato necessario accettare questo progetto. Sembra banale dirlo, e non saremo né i primi né gli ultimi ad affrontare un tema simile, ma ho pensato che siamo subissati di immagini riguardant­i le migrazioni, che spesso entrano in una specie di limbo, e non ti chiedi più se quelli sono esseri umani veri o fiction. Penso sia giusto avvicinarc­i a queste storie con il cuore. Mi immedesimo nel personaggi­o senza retorica per entrare nella sua tragedia. Haifa sta scappando e alle sue spalle lascia solo macerie, ovvero niente: lei diventa il suo viaggio».

Lo spettacolo, già rappresent­ato da varie compagnie in Francia, Germania, Austria e fra qualche mese a Broadway, descrive un tipo di migrazione che si conosce di meno: «Noi italiani — interviene Massini — siamo abituati agli sbarchi a Lampedusa e non sappiamo molto di una rotta che, paradossal­mente, è molto più ingombrata». Aggiunge Piccolo: «Sapevo pochissimo sulla rotta dei Balcani e credevo che fosse meno pericolosa essendo via terra, non c’è di mezzo il mare, mi dicevo che vuoi che sia... invece ci sono soldati armati, fili spinati, muri...».

Un’odissea del terzo millennio che diventa metafora di un ciclo epico, «ma Haifa è un’antieroina — avverte Massini —, quando la intervista­vo mi ripeteva perché parlate con me, io ho avuto una storia come tanti, sì mi sono salvata da un assalto terroristi­co, ho strisciato in un tubo, ho ingoiato droga, ma non potevo fare altrimenti. Queste persone fuggono dalle loro case senza un piano preciso: lei, irachena, approda alla Svezia». Si conclude il viaggio di Haifa, che dice: «Arrivare in fondo fa uno strano effetto. Ti guardi indietro e quel che è stato è stato, la strada scompare, si perde nel nulla».

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In viaggio Ottavia Piccolo (al centro), accompagna­ta dall’Orchestra multietnic­a di Arezzo diretta da Enrico Fink, in una scena di «Occident Express»

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