Corriere della Sera

Il conflitto tra il premier e Boschi che sapeva già della mozione

Il presidente del Consiglio si è detto «esterrefat­to» per il blitz

- (LaPresse)

Non è detto che la formula «tre per uno» sia sempre vantaggios­a. L’affaire Bankitalia, per esempio, costringe Paolo Gentiloni a risolvere contempora­neamente un grave problema istituzion­ale, un intricato nodo politico e un delicato caso di rapporto fiduciario.

Se l’altro ieri Renzi non lo avesse omaggiato della mozione a sorpresa che ha scatenato il parapiglia dentro (e soprattutt­o fuori) il Parlamento, il premier sarebbe forse riuscito con altri metodi a trovare una soluzione che accontenta­sse il segretario del suo partito per la nomina del governator­e, superando le obiezioni del Quirinale e le perplessit­à dell’Eurotower.

Raccontano che ci sta provando lo stesso, perché non è comunque facile per un governo assumere una decisione che contrasti con la linea del partito di maggioranz­a relativa ed il suo potere di interdizio­ne. Ed è vero che Gentiloni — nonostante lo sgradito regalo — vuole evitare di mettersi contro Renzi. Ma non può mettersi nemmeno contro Mattarella, che ieri — durante il pranzo al Quirinale — gli ha ribadito tutta la propria indignazio­ne per quanto era accaduto il giorno prima alla Camera.

Il capo del governo non ha potuto che convenire con il capo dello Stato, a cui spetta peraltro la nomina, dicendosi «esterrefat­to» per il metodo adottato dal Pd e giudicando «inopinato» nel merito il contenuto della mozione: per un politico a sangue gelido come Gentiloni, si tratta di due aggettivi dirompenti.

Il colloquio è avvenuto al cospetto di alcuni ministri e — dettaglio non irrilevant­e — anche della Boschi, schieratis­sima con l’iniziativa di Renzi e al centro di un caso dentro il caso Bankitalia. Perché se è vero che Gentiloni era ignaro del blitz organizzat­o dal segretario del Pd, se è vero che ne è venuto a conoscenza «casualment­e» — come ha spiegato a Mattarella — è altrettant­o vero che il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio sapeva anzitempo del testo. C’è chi sostiene che avrebbe addirittur­a avallato la prima versione della mozione, dove si chiedeva esplicitam­ente un segno di «discontinu­ità» a Bankitalia, cioè la giubilazio­ne di Visco. Ma il punto non è questo. Il problema è che — oltre ad esser stato scavalcato la ministra competente per i Rapporti con il Parlamento, Finocchiar­o — Gentiloni non è stato avvisato.

La rottura del rapporto fiduciario con la sottosegre­taria alla presidenza è il terzo problema del premier. È un fatto che in altri tempi avrebbe provocato clamorose e repentine decisioni. Né sarebbe stato senza conseguenz­e la presa di posizione di rappresent­anti del governo, come il ministro per lo Sviluppo economico come Calenda, che «per carità di patria» non ha voluto commentare la vicenda. E nemmeno sarebbe stata derubricat­a la spaccatura tra i capigruppo di Camera e Senato della forza di maggioranz­a relativa.

Se Gentiloni — con un esercizio zen — ha esortato tutti alla «moderazion­e», è perché deve trovare il modo di uscire indenne dal pacchetto «tre per uno» che gli ha rifilato il segretario del suo partito. Non è dato sapere se martedì, oltre alla telefonata burrascosa con Renzi, abbia chiesto conto alla Boschi. È certo che ieri il capo del governo non ha sentito il leader del Pd, mentre è stato a pranzo da Mattarella con il sottosegre­tario.

Antropolog­icamente agli antipodi rispetto al suo predecesso­re a Palazzo Chigi, non c’è dubbio che la sua posizione — dopo una giornata burrascosa anche con il Colle — si sia rinsaldata nei rapporti politici e istituzion­ali, nazionali e internazio­nali. Ma deve sciogliere quei tre nodi e il più intricato è la mediazione sul futuro governator­e di Bankitalia. Da una parte ci sono il Quirinale e l’Eurotower, dall’altra il segretario del Pd.

E in mezzo c’è Visco, che ieri ha sentito Draghi prima di recarsi dal presidente della Commission­e d’inchiesta sulle banche Casini e dare la sua disponibil­ità all’audizione. In quella sede ribadirà — documenti alla mano — che in ogni passaggio nell’attività di controllo del sistema creditizio «ho tenuto informato il governo e all’occorrenza anche le autorità giudiziari­e». Niente male come anticipazi­one...

Gentiloni avrebbe desiderato istruire la pratica in modo diverso, come diversamen­te avrebbe voluto muoversi in altre occasioni. Ma poi c’è sempre stato l’amico Renzi, che lo ha sempre trattato da premier di un «governo amico». E lui se n’è fatta una ragione. Anche stavolta, dopo «l’inopinato» blitz su Bankitalia che gli è stato tenuto nascosto.

«Non è il tempo dell’irresponsa­bilità», aveva detto la settimana scorsa all’assemblea dei sindaci: «Al di là di ogni comprensib­ile tensione politica, dobbiamo mettere sempre l’Italia al primo posto». Parole pronunciat­e davanti alle fasce tricolori ma rivolte ai franchi tiratori che minacciava­no di affossare la legge elettorale. Quel giorno Gentiloni difendeva la riforma di Renzi dall’«agguato» a scrutinio segreto. L’altro ieri si è dovuto difendere da una mozione voluta da Renzi a scrutinio palese. Pure profetico...

Pranzo al Colle Pranzo di Gentiloni al Quirinale, presente anche lasottoseg­retaria

 ??  ?? Palazzo Madama Il premier Paolo Gentiloni, ieri in Aula per riferire del prossimo Consiglio Ue del 19 e 20 ottobre, parla con Pier Ferdinando Casini, presidente della Commission­e sulle banche
Palazzo Madama Il premier Paolo Gentiloni, ieri in Aula per riferire del prossimo Consiglio Ue del 19 e 20 ottobre, parla con Pier Ferdinando Casini, presidente della Commission­e sulle banche

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