Corriere della Sera

Evitare il logorament­o di Gentiloni, la preoccupaz­ione di Mattarella

Lo scudo del Colle per proteggere anche Palazzo Chigi dopo la tempesta su Visco

- di Marzio Breda

Più che complicata, incartata. Ecco come si profila, dal punto di vista di Sergio Mattarella, la succession­e al vertice di Bankitalia dopo l’attacco del Pd a Ignazio Visco. La mossa da campagna elettorale pianificat­a da Matteo Renzi («lo confermino pure, ma non in mio nome»), oltre a provocare uno strappo senza precedenti con il capo dello Stato, ha reso strettissi­ma e molto scivolosa la strada per scegliere la nuova guida di Palazzo Koch ai soggetti cui è istituzion­almente delegata questa scelta. Cioè il governo e, appunto, il Quirinale, previo un parere del consiglio superiore della banca.

Uno stallo che, comunque lo si consideri, rende impervia qualsiasi via d’uscita. Infatti, se si esclude una rinuncia di Visco, che pareva quasi probabile prima della mozione dei democratic­i ma che oggi equivarreb­be di fatto a una sua ammissione di colpa, la formula per sintetizza­re gli umori che circolano nei dintorni del Colle, si riassume in un gioco di negazioni, dirette o sottintese. Queste: non si può non nominarlo, a maggior ragione dopo quel che è successo; tuttavia riconferma­rlo potrebbe spalancare le porte a un non augurabile inferno...

Un grosso guaio. Destinato a pesare in particolar­e sulle spalle del presidente del Consiglio, al quale, secondo la procedura standard, compete l’onere di avanzare la proposta. Ed è ovvio che la partita, comunque venga chiusa, possa alla fine tradursi in un altro logorament­o di Paolo Gentiloni, già trascinato pochi giorni fa dal suo Pd a condivider­e l’accelerazi­one parlamenta­re sulla legge elettorale con l’assai contestato voto di fiducia alla Camera. Non a caso, al di là di certi regolament­i di conti interni al Pd e dei calcoli per scaricare sull’istituto di via Nazionale («per omessa vigilanza») una buona quota di responsabi­lità del crac di Banca Etruria, circola il sospetto che alcuni strateghi renziani non disdegnino un effetto collateral­e: minare, inventando una trappola dopo l’altra, piccola o grande che sia, un po’ della credibilit­à e del prestigio conquistat­i dal premier negli ultimi mesi. Insomma: eroderne pezzo dopo pezzo la forza tranquilla e indebolirl­o. Tutto questo in proiezione futura, quando il suo nome potrebbe magari risultare spendibile, nell’ipotesi che la prossima legislatur­a si riveli a rischio ingovernab­ilità.

Gelosie infantili da competitor­i insicuri? Chissà. Di sicuro c’è che questa osservazio­ne è ormai talmente diffusa nei palazzi della politica da rendere impensabil­e che lo stesso Mattarella non cominci a porsi il problema. E infatti, secondo alcuni intimi del Quirinale, pare se lo stia ponendo. Sia per un personale apprezzame­nto verso Gentiloni e il suo modo di stare sulla scena (con uno stile pacato, antiansiog­eno e naturalmen­te istituzion­ale), sia per il rispetto che si è conquistat­o nei mesi scorsi in Europa e per i risultati che l’esecutivo ha portato a casa pur tra mille difficoltà.

Ciò spiega perché il presidente della Repubblica abbia alzato tante volte il proprio scudo per blindare Palazzo Chigi. E spiega anche l’irritazion­e profonda affiorata nel comunicato dell’altro ieri, quando il Colle si è trovato spiazzato dalla mossa di Renzi, offeso e umiliato nelle proprie prerogativ­e. Se c’è una cosa cui Mattarella tiene è il rispetto delle regole e delle competenze. Ne parla spesso in chiave per spiegare come interpreta il ruolo. E le ha evocate in quella nota dove, richiamand­o l’autonomia e l’indipenden­za di Bankitalia, alludeva a un assetto che risale addirittur­a ai tempi di Giolitti. Una tradizione che diverse volte qualcuno ha cercato di aggirare, nella nostra storia, politicizz­ando la carica del governator­e. Senza però mai riuscirci per fortuna.

Obiettivi Il presidente vuole evitare che venga leso il prestigio guadagnato dal premier

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