Gasolio rubato nei pozzi libici finiva in Europa «Fondi all’Isis»
Un’inedita (e ancora da esplorare) alleanza tra mafia e integralisti islamici avrebbe portato in numerosi distributori di benzina italiani ed europei gasolio libico rubato e commercializzato a prezzi ribassati fuori mercato. È l’ipotesi della Procura di Catania che ieri ha ottenuto l’arresto di nove persone (tre ai domiciliari) sulle ipotesi dell’illecito traffico internazionale e della frode. Non sono coinvolte compagnie petrolifere, che ignoravano il business illegale. Il gasolio veniva trafugato dalla raffineria di Zawyia (a 40 km ovest da Tripoli), miscelato e fatto arrivare «extra-rete» a stazioni compiacenti grazie a documenti falsificati a Malta per attestare la lecita provenienza saudita. In Italia, tra il giugno del 2015 e del 2016, sarebbero così arrivati oltre 82 milioni di chili di gasolio libico rubato, per un valore d’acquisto pari a circa 27 milioni di euro e un mancato incasso di 11 milioni di Iva contando l’Italia e la Ue. A descrivere la complessità dell’operazione «Dirty Oil», condotta dalla Guardia di Finanza di Catania, c’è il dato del decisivo contributo fornito al traffico illecito da miliziani libici armati, che presidiavano la fascia costiera confinante con la Tunisia e sarebbero coinvolti anche nel traffico di esseri umani verso la Sicilia. «Non possiamo escludere che parte dei proventi di questi traffici illeciti sia andata all’Isis, ma non ne abbiamo evidenza», ha sottolineato il procuratore etneo, Carmelo Zuccaro. L’ordinanza di arresto ha raggiunto tra gli altri, l’amministratore delegato della Maxcom Bunker Spa, Marco Porta, e alcuni suoi collaboratori. La società, con sede legale a Roma, si occupa del commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi e di bunkeraggio delle navi. Sul fronte della criminalità italiana spunta invece il nome di Nicola Orazio Romeo, catanese, indicato da alcuni collaboratori di giustizia come appartenente alla famiglia mafiosa degli Ercolano. Coinvolti anche due libici, per i quali è stato emesso un mandato di cattura internazionale. Imbarcato su navi cisterna nei porti controllati da questi ultimi, il carburante sarebbe stato poi trasbordato su natanti nella disponibilità di società maltesi e mandato verso l’Italia per conto della Maxcom Bunker. «Completa estraneità ai reati contestati e profonda sorpresa per l’accaduto» è stata espressa in una nota dal presidente della società, Giancarlo Jacorossi, che annuncia anche «una indagine interna» e «manifesta piena fiducia nella magistratura perché possa farsi chiarezza il prima possibile».