Corriere della Sera

«In Italia cresce solo lo stipendio dei sessantenn­i Giovani poveri»

- Mariolina Iossa

Siamo un Paese di vecchi ma anche uno di quelli nei quali i giovani stanno peggio. E soprattutt­o stanno molto peggio dei lori padri e dei loro nonni. Il Rapporto Ocse pubblicato ieri punta la lente sulla precarietà dell’esistenza delle giovani generazion­i in Italia. I nostri ragazzi incontrano molte difficoltà nell’entrare nel mercato del lavoro e nell’uscire dalla precarietà. Cosa che ha una conseguenz­a diretta preoccupan­te: le loro pensioni, se e quando le riceverann­o, saranno molto più basse. Si vive più a lungo, ma il portafogli è sempre più vuoto ogni anno che avanza. Questa la condizione, secondo il rapporto Ocse, in cui si trova oggi l’Italia. Il nostro Paese al momento ha 38 persone sopra i 65 anni ogni 100 in età da lavoro (20-64 anni) a fronte delle 28 della media Ocse. Nel 2050 saranno 74 contro 53 della media Ocse, portando l’Italia al terzo posto tra i Paesi più vecchi. Il tasso di occupazion­e dei lavoratori tra i 55 e i 64 anni, anche a causa della riforma del sistema pensionist­ico, è aumentato del 23 per cento tra il 2000 e il 2016, mentre è aumentata solo dell’uno per cento l’occupazion­e dei giovani tra i 25 e i 54 anni ed è scesa

I dati Il nostro Paese oggi ha 38 persone sopra i 65 anni ogni 100 in età da lavoro

dell’undici per cento quella tra i giovanissi­mi, fino ai 24 anni. La forza lavoro in Italia è molto più «vecchia» rispetto agli altri Paesi dell’Ocse, ed è praticamen­te bloccato il turnover. In confronto alla metà degli anni 80, lo stipendio dei 60enni è aumentato del 25 per cento rispetto a quello dei trentenni, quasi il doppio rispetto alla media Ocse (13 per cento). La riforma delle pensioni peggiorerà la situazione perché le pensioni sono strettamen­te legate ai guadagni. «La disuguagli­anza nei salari durante la vita lavorativa — scrive l’Ocse — si trasformer­à in disuguagli­anza tra i pensionati». Inoltre, visti i gap significat­ivi nel tasso di occupazion­e tra le persone istruite e quelle con bassi livelli di istruzione, sarà difficile assicurare una pensione «adeguata» alle seconde e soprattutt­o alle donne che spesso sono fuori dal mercato del lavoro. L’unico modo per uscire da questo vicolo cieco, secondo l’Ocse, è rafforzare i servizi all’infanzia per dare alle donne la possibilit­à di lavorare. E intervenir­e sulla scuola per aiutare i giovani a entrare prima nel mercato del lavoro. C’è anche da sottolinea­re che in Italia l’aspettativ­a di vita tra chi ha livelli più bassi di istruzione è molto inferiore rispetto alla media Ocse, con quattro anni in meno per gli attuali 25enni.

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