«Tristano e Isotta trasformati in borghesi dell’800»
Vorrei fare alcune osservazioni su «Tristano e Isotta» in scena a Torino e sul modo attuale di rappresentare le opere liriche. Il regista ha ambientato l’opera in una villa borghese con costumi borghesi dell’Ottocento. Il dramma è diventato così, volutamente, un dramma borghese: moglie, marito e amante. Evidentemente il regista non ha capito che «Tristano e Isotta» non è una storia d’amore, ma qualcosa di ben più complesso il cui centro è (come il solito in Wagner) il problema metafisico della salvezza, della redenzione, dell’unione e della separazione, della possibilità dell’amore, più influssi mistici, buddisti e altro ancora. Ridurre un’opera così a un dramma borghese non è un errore, ma un vile tradimento. Purtroppo da molti anni si assiste a una infinità di questi tradimenti da parte di registi che pensano di saperla di più di Wagner, Verdi, Bellini, Mozart ecc. e da parte di direttori incapaci di rispettare il volere dei compositori e quindi complici dei registi. È curioso che i critici siano d’accordo e nessuno dica che non si può manipolare a proprio piacimento le creazioni artistiche di altri. In mezzo a tante bizzarrie, soprusi e cretinate ci sono poi le cose ridicole che nessuno sottolinea. Germont taglia la verdura; la foresta che si muove contro Macbeth è fatta di fichi d’india; Sigfrido forgia la spada sulla cucina economica di casa; Senta è uccisa da un colpo di pistola del geloso Erik; Violetta che non muore di tisi ma fugge con Amina, ecc. ecc.
Francesco Spinelli, steigerfra@gmail.com L’allestimento del «Tristano e Isotta» di Wagner ha inaugurato martedì, 10 ottobre, la nuova stagione del Teatro Regio di Torino