Addio allo storico Rosario Villari Generazioni di liceali sui suoi libri
Uno studioso marxista che rivalutò Benedetto Croce. Scrisse manuali scolastici a volte discussi
È scomparso, con Rosario Villari, un testimone significativo della cultura italiana nel primo cinquantennio della Repubblica, quando nessuno pensava a una cultura priva di un simbiotico rapporto con tutta la vita nazionale, anche nei suoi travagli politici e sociali. Ne derivò agli studi italiani la taccia di un ideologismo, per cui poi si levò in quella stessa Italia un giusto appello alla «libertà della memoria» da ogni compito di militanza altra da quella intellettuale e «scientifica», che ebbe una larga eco. Venne, peraltro, da ciò alla cultura italiana un fervore di rinnovamento, che non riguardò affatto soltanto la cultura di sinistra.
Era anche il tempo della grande fortuna del pensiero di Antonio Gramsci, che proponeva una liberazione della cultura italiana dall’influenza di Benedetto Croce, che per lui ne era il primo e massimo fattore di debolezza. Negli studi storici si trattava di sostituire il modulo crociano della storia etico-politica con una storia sociale ricca di tutte le componenti del vissuto drammatico e conflittuale della vita sociale. E tutto ciò nel calore di un’assoluta fede politica nel comunismo come meta della storia universale (Villari visse con fervore la militanza nel Partito comunista, di cui fu pure deputato).
Su questa base egli, come vari altri storici di allora, ha dato contributi storiografici di grande rilievo. Si era nella dilagante passione per il mondo contadino e la sua civiltà, per la questione meridionale come questione innanzitutto agraria, per la storia dell’Italia unita nel suo rapporto con l’incubazione del fascismo. Gli studi di Villari raccolti nel suo volume Mezzogiorno e contadini nell’età moderna (Laterza, 1961) ne trassero valore come indicazione di nuove direzioni della ricerca storica. Il saggio, ivi compreso, su Àtena Lucana rimane ancor oggi esemplare di tali studi.
La sua grande antologia su Il Sud nella storia d’Italia (Laterza, 1961) fu uno dei primi sforzi di rileggere in modo organico nell’Italia postfascista il grande patrimonio di pensiero e di conoscenze offerto dal poi tanto bistrattato e deprecato «meridionalismo». E già allora, con La rivolta antispagnola a Napoli (Laterza, 1967), egli individuò nella vicenda di quella rivolta il punto per lui critico e risolutivo della storia del Mezzogiorno in età moderna, che fu il campo in cui ha dato il suo massimo contributo storiografico.
Solo molto tempo dopo egli diede alla ricostruzione di quel moto, che giungeva in quel volume alla vigilia del divampare della rivolta, l’annunciato completamento Un sogno di libertà (Mondadori, 2012). Tra gli amici correva una fiorita aneddotica sui tempi biblici di questo completamento. In realtà, sulle stesse basi della sua prima formazione, ma con un progressivo ampliamento delle sue prospettive tematiche e metodologiche, Villari era passato in tutto quel tempo a un modulo storiografico più vario e complesso, sulla cui falsariga ha dato i cospicui apporti storiografici che vanno da Elogio della dissimulazione a Politica barocca (Laterza, 1987 e 2010), e che ne hanno fatto uno dei nomi autorevoli della storiografia europea sul Seicento.
L’importanza dei suoi studi è attestata, del resto, dal rilievo di metodo e di merito delle discussioni che si sono avute sulle sue tesi, e non solo in Italia, e si sa che la discussione è sempre il miglior collaudo del valore degli studi.
A sua volta, ancora più noto egli è stato in Italia come autore di libri scolastici fra i più influenti, coi suoi volumi, editi sempre da Laterza, nella formazione delle generazioni di studenti susseguitesi nell’ultimo mezzo secolo. Libri discussi e attaccati per l’ideologismo politico e partitico a essi imputato. In effetti, neppure in questi libri di scuola Rosario Villari si fermò ai moduli della sua originaria fondazione. A suo tempo, dopo il 1989, scrisse un articolo, che ebbe molta eco, sulla Storia d’Europa di Croce, in cui esaltava il valore profetico di quella grande opera del filosofo di sessant’anni prima, e che fu un po’ come una implicita, ma autentica palinodia etico-politica. Nei libri per le scuole ne tenne, infatti, debitamente conto. Che è poi la ragione del valore di testimone del suo tempo che Villari ha conservato fino all’ultimo.
Il barocco e il Sud La cultura del Seicento e il mondo contadino al centro delle ricerche più note e importanti