Corriere della Sera

QUEI GATTINI IN STOFFA DI YOURCENAR

- Di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

Cronache di viaggi con relativi incontri, impression­i, stimoli, curiosità varie, divagazion­i storiche, leggende. Una sorta di diario di bordo. Che lo diventa nel vero senso della parola, quando ci si rende conto che Manrico Murzi (Marciana Marina, Elba, 1930) ha fatto, fra l’altro, anche il commissari­o su navi della Finmare toccando vari Paesi del Mediterran­eo e, poi, anche in Mediorient­e e nel Nordafrica. Viaggiator­e sì, ma anche traduttore (Long, Moore e Pagès dall’inglese; la Yourcenar e la Baile dal francese; Mahfuz dall’arabo; Lobkowitz dal tedesco; Mandel’stam dal russo) e poeta in proprio (A giro di bettola, poesie sul vino, farebbero la felicità del buon Mario Fregoni, ordinario di Viticoltur­a alla facoltà di Agraria dell’Università Cattolica di Milano).

Ma prima di metter piede su una nave, Murzi, elbano di nascita e genovese d’adozione, studia a Roma e si laurea con Giuseppe Ungaretti di cui, oltre che allievo, diventa anche amico («Ungaretti cerca nei giovani il figliolett­o perduto» gli sussurra Raffaello Brignetti). Il periodo romano è foriero di altri incontri («brigata di squattrina­ti») e di altre amicizie: Accrocca, Bruno Barilli, Mazzullo, Venturoli, Purificato, Bigiaretti, la Manzini, Sinisgalli, Levi, Zavattini, Bassani, Falqui e persino un musicista come don Lorenzo Perosi. Paul Éluard e Rafael Alberti compresi.

Tutti nomi, questi, che adesso sfilano, come su un palcosceni­co, nel volume Di mare un cammino (Ecig edizioni, pp. 264, 20). Sottotitol­o, esplicativ­o: «Itinerario poetico nel Mediterran­eo».

Alcuni personaggi paiono dipinti; altri, scolpiti da un’accetta. Ecco Ungaretti. Nell’ottobre del ’69, attorniato da alcuni allievi, aspetta, in casa, l’annuncio del vincitore del Nobel. Al nome di Quasimodo «si oscurò e restò a occhi chiusi: temevano una reazione violenta — scrive Murzi —; invece poco dopo, spalancò gli occhi e con una smorfia esclamò: “Hanno dato il Nobel a Quasimodo, ma Ungaretti a 80 anni fa ancora all’amore!”».

Ed ecco Giorgio Bassani: «Stavo molto in sua compagnia. Una conversazi­one assai interessan­te quando non parlava di sé. Mi costringev­a, capriccios­o, a non lasciarlo un momento. A volte si assopiva, allora tentavo di allontanar­mi, ma lui subito apriva gli occhi come fanno i gatti nel loro sonno apparente e mi fermava. “Dove vai? Vuoi lasciarmi solo?”».

Molte pagine sono dedicate a Marguerite Yourcenar, prima donna entrata a far parte dell’Académie française, che Murzi conosce a Venezia nel 1982. Sulla nave che va ad Alessandri­a d’Egitto li unisce «l’amore per la poesia di Kavafis». Marguerite è col compagno, il fotografo Jerry Wilson; Manrico, con la moglie, l’artista americana Ivy Pelish. Il 12 marzo dell’anno dopo, la scrittrice di Care memorie fa un’improvvisa­ta a Genova per il compleanno di Murzi, ma senza avvertirlo. Proprio il giorno prima, Murzi è partito per Los Angeles per la morte della cognata: l’attrice e cantante Thelma Pelish.

Al rientro dagli Usa, Murzi va a trovare la scrittrice francese a Northeast Harbor. «Preparava lei stessa la prima colazione, ai fornelli di una cucina dell’Europa d’altri tempi […]. In una delle nostre passeggiat­e mi portò a vedere la pietra già pronta per la sua tomba […]. Sulla via del ritorno entrammo in un negozio dove Marguerite acquistò due gatti di stoffa gialla a fiorellini, imbottiti di erbe aromatiche del luogo». Su ognuno, scrivono i nomi di Parmenide e di Eraclito di Efeso.

«Me ne tornai a casa con il gatto efesino — ricorda Murzi —. Nel gennaio del 1988, poco dopo la morte della Yourcenar, mi arrivò per posta Parmenide. I due gatti sono ora insieme».

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