Le angosce degli adolescenti nel volto del clown horror
Ipiccoli magnifici sette, i Perdenti, che subiscono in un paese del Maine le torture del clown Pennywise (Bill Skarsgaard), che rapisce e uccide tenendo i palloncini rossi, son tornati, a 27 anni dalla miniserie tv, nella nuova versione del mastodontico libro di Stephen King.
It (in Usa oltre i 320 milioni di dollari), diviso in due parti speculari (nel sequel i ragazzi cresciuti tornano), ci mostra le angosce dell’adolescenza identificate nella paura per un clown che ride, simbolo del male, equiparato dal regista italo-argentino Andrèas Muschietti agli eroi horror come Freddy Krueger. Dovrebbe essere di più: It è l’irrazionale, il mistero del Tempo in una cittadina-mondo che l’autore contestualizza coi poster al 1989 (King aveva scelto in rigore autobiografico il 1957) e dove il mostro torna ogni 27 anni a manifestarsi. Nel disegno dei teen, fra cui una ragazza e Finn Wolfhard, il mini divo di Stranger things, c’è la sapienza di quel malessere che somiglia a Stand by me dello stesso King. E tra le strane cose che accadono «piacevolmente» in 135’ ecco i riferimenti a Kubrick, all’aria scanzonata in bici spielberghiana, ai Goonies.
I tradimenti al libro sono già perdonati dagli incassi e dall’affiatamento del gruppo; l’alto gradimento si deve agli stereotipi horror usati a man bassa (ragnatele, sangue), mentre nella patologia quotidiana ci sono i mostri non ufficiali come la mamma alla Misery.
È tutto furbo, ben miscelato nel prodotto di largo consumo in cui è bene che la paura sia concreta e si tenga a debita distanza dall’inconscio.