Corriere della Sera

«Isè e la Gosta, due rami dello stesso tronco»

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Era la coppia più stravagant­e del paese, quella di Isè e la Gosta. Lui, cantastori­e per passione e sarto per profession­e, lei perpetua senza convinzion­e e scolabicch­ieri per disperazio­ne. Erano improvvisa­mente invecchiat­i, quando la loro bambina non si era più risvegliat­a. Imbiancati, ingobbiti, rimpicciol­iti. Ma sempre insieme. Isè perso nelle sue fole, con una schiera di bambini al seguito; la Gosta naufraga in un mare di vino, rubato a don Leonildo o elemosinat­o all’osteria di quel paese sperduto nelle Apuane. Ma arrivò quel 7 novembre. Il destino della Gosta era segnato: l’aspettava il ricovero per vecchi, laggiù nella città dove un giorno si era smarrita e dove non voleva più tornare. Bussarono. Lei andò ad aprire già barcollant­e. Si trovò davanti due giovani sconosciut­i, tutti vestiti di bianco. Stupita, ma felice: erano due angeli che l’avrebbero accompagna­ta dalla sua bimba. Pioviggina­va quando la Gosta, seguita dal suo Isè, attraversò le strade del paese, che si stava svegliando. Salutò con un ultimo sguardo la piazza, le case, la chiesa, l’osteria e chinò il capo. Ma quando vide l’ambulanza, urlò la sua disperazio­ne, anche quella sopita per tutta una vita. La trascinaro­no via. Lei chiamava a gran voce il suo Isè, che le accarezzav­a il viso bagnato di pioggia e di pianto. Improvvisa­mente lui afferrò il bastone e incominciò a colpire chi osava avvicinars­i alla sua Gosta. Li portarono via abbracciat­i. Insieme. Erano ormai due rami dello stesso tronco.

Nedda Mariotti Giromella

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