Diabetici protetti da una «rete» Che rischia di scomparire
I pazienti seguiti nei Centri specializzati hanno un miglior controllo della malattia
alle domande dei lettori sul diabete all’indirizzo
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iorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Diabetologia (Sid) ne è convinto: «La rete dei Centri diabetologici italiani è un fiore all’occhiello della nostra sanità: non facciamolo appassire».
Secondo dati presentati all’ultimo congresso dell’European Association for the Study of Diabetes (Easd), proprio grazie alla rete diabetologica l’Italia è il Paese occidentale con il più basso livello medio di emoglobina glicata, il valore che “racconta” l’andamento della glicemia negli ultimi duetre mesi, e i più bassi tassi di complicanze croniche.
I pazienti assistiti dai Centri hanno una mortalità inferiore rispetto agli altri, sia per cause cardiovascolari, sia in generale.
Ma che cosa caratterizza queste strutture? «Una squadra di diversi esperti, tutti al servizio del paziente — risponde Sesti —. Il diabetologo da solo non basta perché il diabete è una malattia complessa e come tale richiede una gestione multidisciplinare: servono I centri della rete diabetologica
L’incidenza dei Centri sulla spesa totale per il diabete (ogni paziente costa circa 2800 euro e sono quasi 4 milioni)
tà crescente, per soddisfare ogni esigenza. Tutti lavorano in collaborazione con i medici di base del territorio, primo riferimento per i pazienti.
«Ogni tentativo di semplificazione della rete attuale peggiora l’assistenza — fa notare Sesti —. In alcune Regioni, per ridurre i costi si chiudono i Centri e spesso si eliminano le strutture di primo per i pazienti meno complessi, lasciando che a gestirli sia il medico di famiglia, che è fondamentale e ha una sua parte essenziale nella rete, ma non si può pensare riesca a seguire sempre i diabetici da solo, per esempio nelle situazioni in cui è richiesto un intervento più complesso». «Chiudendo i Centri di primo livello, poi, si “ingolfano” le strutture più specializzate perché vi finiscono anche i casi meno difficili — aggiunge lo specialista — e tutto questo rischia di allungare le liste di attesa e creare ingorghi da disorganizzazione. Purtroppo non c’è molta lungimiranza e i Centri diabetologici continuano a essere smantellati: cinque o sei anni fa ne esistevano circa 630 in tutta Italia, adesso siamo intorno ai 550. Eppure la percentuale di italiani alle prese con il diabete continua ad aumentare».
Oggi la malattia colpisce il 6,2 per cento della popolazione, pari a poco meno di quattro milioni di persone, e si stimano un milione di italiani diabetici senza saperlo;
i costi sono enormi e la gestione integrata fra medici di famiglia e rete diabetologica è considerata il modo migliore anche per abbattere le spese. «Tenere attivi i Centri costa l’1 per cento della spesa totale per il diabete, ma può contribuire a ridurre in modo significativo il 99 per cento dei costi grazie a una miglior prevenzione delle complicanze croniche, all’accorciamento delle degenze ospedaliere, all’uso appropriato di farmaci, esami e dispositivi — osserva Sesti —. Il Piano Nazionale della Malattia Diabetica firmato nel dicembre 2012 ,inoltre, prevede la presa in carico da parte dei Centri dei pazienti dalle fasi iniziali di malattia. L’intervento specializzato non dovrebbe arrivare solo quando c’è già uno scompenso metabolico o si sono sviluppate complicanze: per un buon controllo del diabete serve una stretta collaborazione fra medico di famiglia per la quotidianità e team dei Centri per supporto, consigli, prevenzione e interventi mirati in caso di problemi».
Oggi la rete capillare di strutture diabetologiche fornisce con regolarità consulenze a circa la metà dei diabetici, prevalentemente quelli con una malattia più complicata da gestire; evitare che venga pian piano dismessa è fondamentale perché, come conclude Sesti: «Se i diabetici italiani stanno meglio rispetto a quelli nel resto del mondo è merito della rete dei Centri diabetologici».