«Statuto speciale al Veneto»
Zaia rilancia. Il governo: provocazione. Maroni: la trattativa può cominciare
Dopo il successo del referendum per l’autonomia, il governatore del Veneto Luca Zaia rilancia e chiede al governo il riconoscimento dello Statuto speciale. «È una provocazione», risponde Palazzo Chigi.
Una proposta di legge per riconoscere il Veneto come Regione autonoma a statuto speciale. Col vento in poppa del voto popolare (il 57,2 per cento d’affluenza) il governatore leghista Luca Zaia, il giorno dopo, annuncia la novità: la trattativa con Roma non sarà solo sulle 23 materie «concorrenti», ma chiamerà in causa anche la modifica della Costituzione e il riconoscimento della «specialità» della sua Regione.
Una trattativa che almeno su questo punto si annuncia tutta in salita, perché le prime reazioni del governo sul tema non sono esattamente accomodanti. Secondo il sottosegretario Gianclaudio Bressa, la proposta veneta ha il sapore della provocazione: «Siamo pronti ad aprire un tavolo subito, ma la condizione di partenza è che le Regioni approvino una legge in attuazione dell’articolo 116 della Costituzione per chiedere autonomia differenziata. Il problema è che ora Zaia ha fatto approvare in giunta una proposta di modifica costituzionale per inserire il Veneto tra le Regioni a statuto speciale. È una proposta non ricevibile dal governo, semmai di competenza del Parlamento».
L’altra Regione autonomista sceglierà invece una strategia più soft che non prevede richieste di modifiche costituzionali. La via lombarda al «regionalismo differenziato» vivrà di nuove competenze e nuovi fondi. Oggi il governatore Roberto Maroni parlerà al «suo» Consiglio regionale: si difenderà dalle polemiche nate intorno al voto elettronico e alla percentuale d’affluenza raccolta (il 38,3 per cento, decisamente inferiore a quella dei vicini veneti) e poi detterà la sua ricetta per l’autonomia. La Lombardia ascolterà i sindaci e gli amministratori del territorio e poi, tempo due settimane, approverà la risoluzione con la richiesta delle 23 materie da gestire in via esclusiva A Milano Il governatore leghista della Lombardia Roberto Maroni ieri prima della conferenza stampa sul referendum (compresa quella considerata cruciale del coordinamento del sistema tributario). «Ho già sentito il premier Gentiloni per illustrargli i risultati del voto e le mie intenzioni», ha spiegato ieri Maroni: «Mi ha confermato l’interesse a un confronto su tutte le materie previste dalla Costituzione». Il residuo fiscale? «Parleremo anche di quello: il ministero dell’Economia sarà un osso durissimo ma anche da questa parte c’è qualcuno con le spalle larghe. Vogliamo almeno lo stesso trattamento tributario dell’Emilia». Maroni a trattare non sarà solo. Al suo fianco ha «convocato», tra gli altri, Piero Bassetti, il primo presidente dc della Regione, l’imprenditore Gian Domenico Auricchio e, novità di giornata, il rettore della Bicocca Cristina Messa.
Le ragioni del Nord che tornano al centro del dibattito nazionale. Anche Matteo Renzi guarda al popolo che vota in Veneto e Lombardia e trae il suo dato politico. «Risultati che non vanno minimizzati», raccomanda il leader del Pd: «Il messaggio è serio; si chiedono più autonomia e più efficienza, maggiore equità fiscale, lotta agli sprechi a livello centrale e periferico. Il modo corretto per affrontare il futuro, per me, non è solo la procedura ex art. 116 Costituzione come chiedono i governatori (anche dell’Emilia Romagna), ma prendere atto che in Italia esiste una gigantesca questione fiscale. Ridurre la pressione fiscale: questa è la vera priorità». Anche Beppe Grillo plaude alla partecipazione del Nord: «L’autonomia è una cosa seria. I cittadini hanno partecipato, votato e deciso: non possono rimanere inascoltati. Anche se la Lega si è comportata vergognosamente, sventolando il tema dei residui fiscali, chi parla di truffa o di soldi buttati fa a pugni con un dato numerico eloquente».