Nella testa di Bonucci il campione smarrito
Squalificato due giornate per la gomitata e inserito dalla Fifa nel miglior «11» del mondo La storia di una trasformazione incomprensibile
È difficile resistere alla tentazione di pensare che ci sia una regia un po’ perfida e un po’ ironica che dall’alto si diverte a scombinare la vita e le opere di Leonardo Bonucci, il caso più misterioso del calcio italiano. Mentre il mondo si interroga su cosa sia successo pochi mesi dopo e 150 chilometri più a est, passando da Torino a Milano, la giornata di ieri si è incaricata di riassumere tutto il paradosso di questa storia: il giudice gli ha comminato due giornate di squalifica per la gomitata a Rosi («gesto assolutamente involontario, ma dalla tv l’espulsione è giusta — ammette Leo —, mi sono scusato»), che è il minimo per «condotta gravemente antisportiva» (non ne ha prese tre perché non è stata considerata «condotta violenta») ma è giusto quello che serve per fargli saltare la gara con la Juve di sabato (oltre a quella di domani con il Chievo, il Milan sta valutando se fare ricorso). «Era destino» ha detto Bonucci. Che, nelle stesse ore, si trovava a Londra a partecipare al «Best Fifa Football Awards», dove è stato inserito nella formazione dei migliori 11 del mondo, assieme a Messi, Neymar, CR7, naturalmente per le prestazioni della scorsa stagione con la Juve.
Perché in questa — cambiate le coordinate della tattica e del cuore — il rendimento di Leo è precipitato. È come se, da ingranaggio della BBC, Bonucci avesse un ordine preciso, dopo Barzagli e prima di Chiellini, e ora che invece è al centro di gravità di tutto (del nuovo progetto del Milan, dello spogliatoio con la fascia di capitano) abbia finito per essere travolto. Per la verità una ricostruzione simile non piace affatto a Leo, più propenso a sposare la tesi secondo cui la difficoltà generale della squadra ha esaltato le sue personali difficoltà, acuite magari da una diversa preparazione fisica. In campo non è proprio il più simpatico: discute tutto e tutti. Fuori, è uno di quelli più educati, gentili, e a disposizione della società. Eppure non ha un carattere facile, come sa bene Max Allegri. Sui social è attivissimo: prima e dopo le partite commenti, foto e massime motivazionali non mancano mai. Così come non mancano le foto della famiglia (compreso il famoso figlio tifoso del Toro), con cui passa tutto il suo tempo libero anche a Milano, dove ha preso casa in pieno centro e dove si trova benissimo.
E poi c’è la questione del motivatore, Alberto Ferrarini, con cui Bonucci ha lavorato dai tempi del Treviso fino al 2015 quando è arrivato in cima al mondo e sembrava che il lavoro fosse esaurito. L’anno scorso, nel pieno delle turbolenze con la Juve, Leo aveva ripreso i rapporti. Un legame forte quello con Ferrarini, uno che dice di lavorare su «simbologia antica, numerologia indiana, pensiero positivo», e la famosa importanza del numero 19 viene da qui. Ieri, Bonucci ha smentito anche Ferrarini. Il quale — senza concordare le dichiarazioni con lui — aveva sostenuto a Radio24 la tesi dell’eccesso di responsabilità e quella, sempre scottante al Milan, della fascia di capitano. «Con l’espulsione è stato toccato il fondo, ora ci sarà la rinascita. Questo bagno di umiltà gli ha fatto anche bene, l’accoglienza al Milan ha spedito il suo ego al 50° piano di un grattacielo. Quando è stato capitano alla Juventus non ha avuto grandi prestazioni. Lui deve fare Bonucci, punto. Penso che se dovesse fare questo passo indietro (rinunciare alla fascia, ndr) e tornare nel suo ruolo riuscirebbe a dare il meglio». Un passo indietro però che — se è stato proposto — di sicuro ora Bonucci non ha più intenzione di fare. «Mi dissocio completamente
So dove devo intervenire per rendere al meglio, mi allenerò al massimo a livello fisico e mentale Dobbiamo rimanere uniti, sono molto positivo, la svolta è vicina La squadra è con Montella Il dissidio Il motivatore suggerisce di lasciare la fascia, Leo non ci sta: «Mi dissocio»
da quanto è stato detto da Ferrarini».
Ma cosa pensa Bonucci di quello che gli sta succedendo? Di sicuro non dà la colpa a modulo, preparazione o allenatore, di cui è anzi il primo sostenitore. Sa di avere deluso, come tutto il Milan, ma pensa che sia questione di tempo. «Se mi aspettavo questo inizio di stagione? Sinceramente no, ma la squadra è con Montella. A livello personale so dove devo intervenire per rendere al meglio, mi allenerò al massimo a livello fisico e mentale. Sono sicuro, la svolta è vicina».