Corriere della Sera

Parte il risiko della trattativa

Il Veneto ha prodotto un ddl di 50 pagine La Lombardia chiede un faccia a faccia a Roma Il governo predilige il modello emiliano

- di Dino Martirano e Cesare Zapperi

Ireferendu­m erano consultivi, ma i cittadini si sono pronunciat­i in modo chiaro. Ora la sfida lanciata da Lombardia e Veneto entra nel vivo e passa dall’alveo politico a quello istituzion­ale. Ci sono passi ufficiali da compiere, documenti da mettere a punto, trattative da avviare. Tenendo conto che l’Emilia Romagna ha scelto di procedere senza preventiva­mente interpella­re gli elettori, sta per iniziare una partita tra il governo e tre Regioni destinata a ridefinire i rapporti tra centro e periferia. Ecco una guida per capire quali sono le materie in discussion­e, le richieste, l’iter e i possibili approdi.

Quali sono le competenze che potrebbero essere cedute a Lombardia e Veneto?

Sono 23 le materie che le due Regioni, interpella­ndo i cittadini con i referendum consultivi di domenica, hanno chiesto di poter gestire direttamen­te. Tre sono di esclusiva competenza statale: norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente e dei beni culturali, giudici di pace. Altre 20, invece, sono di competenza concorrent­e. Tra queste: tutela della salute, protezione civile, commercio con l’estero, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto, produzione e distribuzi­one dell’energia, previdenza complement­are e integrativ­a.

Che cosa chiede in particolar­e il Veneto?

La giunta regionale veneta ieri ha approvato un disegno di legge per ottenere «ulteriori e specifiche forme di autonomia» in attuazione dell’articolo 116 della Costituzio­ne. Il provvedime­nto è composto da oltre 50 pagine, indica nel dettaglio tutte e 23 le materie oggetto di trattativa con il governo e spiega per ciascuna come la Regione gestirà la competenza una volta acquisita. Sul piano finanziari­o, il disegno di legge specifica che sarà necessario trasferire i nove decimi del gettito di Irpef, Ires e Iva. La giunta presieduta da Luca Zaia ha contestual­mente approvato un disegno di legge da tras mettere al Parlamento per modificare l’articolo 116 della Costituzio­ne in modo da ottenere il riconoscim­ento del Veneto come «Regione a statuto speciale»

E che cosa chiede la Lombardia?

Adifferenz­a del Veneto, al momento non c’è un testo che spiega nel dettaglio quali sono le richieste della Lombardia, ma il governator­e Roberto Maroni ha detto più volte che intende andare a Roma per firmare un’intesa su tutte e 23 le materie. Oggi il consiglio regionale lombardo avvierà la discussion­e, che al di fuori di Palazzo Lombardia riguarderà anche amministra­tori e stakeholde­r (portatori di interessi), per arrivare entro due settimane al massimo a una risoluzion­e che avvierà effettivam­ente l’iter e che indicherà l’oggetto della trattative (tutte le competenze). A Maroni sta a cuore soprattutt­o la materia fiscale. In particolar­e, il coordiname­nto del sistema tributario. Il governator­e ha molto battuto sul tasto del residuo fiscale, ma non è una materia che può far parte del confronto con il governo.

Ora qual è il percorso della trattativa governo-Regioni?

Il punto di partenza formale è una risoluzion­e del consiglio regionale, atto che sia il Veneto sia la Lombardia potranno adottare dopo le consultazi­oni con le categorie sociali ed economiche e con gli enti locali. Poi, una volta acquisita la «notifica» dell’iniziativa della Regione, il governo ha 60 giorni di tempo per avviare i negoziati. Se la trattativa ha poi esito positivo per le parti il suo contenuto si riversa in un disegno di legge del governo che i due rami del Parlamento devono approvare a maggioranz­a assoluta. Non sussiste alcun obbligo a concludere l’intesa.

Che cosa prevede il modello emiliano?

L’Emilia-Romagna — senza il referendum che, tra l’altro, non è una via obbligata prevista dalla Costituzio­ne — ha già chiesto al governo «ulteriori forme e condizioni particolar­i di autonomia». La risoluzion­e dell’assemblea regionale del 3 ottobre scorso autorizza il governator­e Stefano Bonaccini a trattare con il governo su 5 degli ambiti in cui si articolano le 23 materie previste dall’articolo 117: tutela e sicurezza del lavoro; ricerca scientific­a e sostegno all’innovazion­e; territorio e rigenerazi­one urbana, ambiente e infrastrut­ture; tutela della salute; governance istituzion­ale e coordiname­nto della finanza pubblica. Già stamattina, dopo l’intesa firmata con il premier Paolo Gentiloni, Bonaccini siederà al tavolo della trattativa con il sottosegre­tario Gianclaudi­o Bressa (Affari regionali) per fissare il calendario degli incontri con i ministri coinvolti.

Fino a quale punto può spingersi il governo?

Sulla carta il governo potrebbe concedere ulteriori spazi di autonomia su tutte e 23 le materie ma a Palazzo Chigi confermano che la trattativa tra Stato e Regioni deve pur prevedere una sua elasticità. Più che la quantità delle materie, il buon fine dei negoziati, dal punto di vista del governo, dipende dalla qualità delle richieste che le singole Regioni sapranno presentare. Se infatti il premier Gentiloni cita l’esempio dell’Emilia come «faro» da seguire, i governator­i di Lombardia e Veneto dovrebbero intendere che le richieste più circostanz­iate e motivate (limitate cioè solo ad alcuni ambiti) potrebbero avere un percorso più agevole. Dal punto di vista dei tempi, a questo punto, solo l’Emilia può sperare di portare a casa il risultato entro queste legislatur­a.

Al referendum si guarda con rispetto, ma cosa comportere­bbe se le Regioni più ricche tratteness­ero per sé le entrate fiscali? Massimo D’Alema, Mdp Il sì al referendum non comporta secessione fiscale. Accompagno Maroni a Roma solo se si fanno proposte serie Giorgio Gori,

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