Corriere della Sera

Il governo: sfida giusta, ma no a fini politici

L’esecutivo avvierà per prima la trattativa con l’Emilia-Romagna. I tempi restano ancora un rebus

- Marco Galluzzo

Nessuno nega che sia un’occasione da cogliere, del resto lo ha detto lo stesso Paolo Gentiloni al presidente dell’Emilia-Romagna, pochi giorni fa, a Palazzo Chigi, firmando l’inizio di un negoziato fra Stato e Regione che ha fatto meno clamore: «Quella di avere maggiori autonomie, nell’ambito della Costituzio­ne, è una sfida positiva da cogliere, nell’interesse del Paese e dell’ordinament­o repubblica­no», è stato il messaggio del premier.

Ma ciò che ha dato fastidio, a Palazzo Chigi, è lo stravolgim­ento in chiave politica di un iter previsto dalla Costituzio­ne. I due referendum di Lombardia e Veneto sono infatti visti come fatti neutri, da un punto di vista istituzion­ale. Persino come dati positivi, in vista dell’attuazione di un compiuto regionalis­mo che la sinistra ha voluto nella prima legge dello Stato. Ma i paletti, per il capo del governo, sono quelli della legge vigente. E non è una cosa scontata.

Quando il governator­e Luca Zaia dice a urne appena chiuse che ora anche il Veneto sarà come la Valle d’Aosta, con uno Statuto speciale, è immediata la replica: «Una provocazio­ne», la bolla il sottosegre­tario agli Affari Regionali, Gianclaudi­o Bressa.

Insomma nel governo il metro di misura, come del resto ha sempre fatto sin qui Paolo Gentiloni, è esclusivam­ente istituzion­ale. E qualsiasi «manipolazi­one mediatica» del valore reale dei due referendum viene giudicata per quello che è, l’inizio di una campagna elettorale per le politiche che sta già riservando non poche sorprese.

Saranno almeno cinque i ministeri interessat­i nelle trattative che ora si apriranno con l’Emilia-Romagna, che al momento è di fatto l’apripista. Ma nessuno sa dire «quanto la trattativa durerà, se porterà veramente a un’intesa e in quali materie, e soprattutt­o quando si tradurrà in legge dello Stato, se in questa o nella prossima legislatur­a, visto che i tempi sono molto stretti e la procedura

Procedura incerta L’esecutivo dovrebbe attivarsi entro sessanta giorni dalla richiesta della Regione

è del tutto inedita», aggiungono nel governo.

Insomma un mare di incertezze, che a Palazzo Chigi dichiarano con una punta di imbarazzo. Del resto non esiste una legge d’attuazione dell’articolo 116 della Costituzio­ne: se ne occupa solo un comma, il 571, della legge di Stabilità del 2014, che fissa in 60 giorni dalla richiesta della Regione il tempo in cui il governo deve attivarsi. Per il resto, sulla procedura, è buio pesto, e quella con l’Emilia è la prima che inizia. Ci avevano provato anche Piemonte e Toscana, anni fa, ma senza esito. Saranno interessat­i la Farnesina, le Infrastrut­ture, il ministero dell’Ambiente e dell’Agricoltur­a, il Mef, perché «tutto deve essere a costo zero per lo Stato».

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