Fiducia e legge elettorale, duello al Senato
Bersaniani, 5 Stelle e Sinistra italiana hanno abbandonato ieri la commissione per protesta
Voto segreto, fiducie e numero legale. Su questa triade intricatissima si regge il percorso del Rosatellum al Senato, che sarà puntellato da proteste, dentro e fuori l’Aula. Delle quali c’è stato un antipasto ieri, con Mdp, M5s e Si che hanno abbandonato i lavori della commissione Affari costituzionali per protesta contro la blindatura del testo. I restanti hanno dato il via libera al Rosatellum e dato mandato al relatore Salvatore Torrisi di riferire in Aula.
Il Rosatellum conta sull’appoggio di Pd, Ap, Forza Italia, Ala e Lega. No da Sinistra, M5S e Mdp. Ieri Massimo D’Alema ha spiegato: «Questa legge è pessima e la fiducia è antidemocratica». Le opposizioni proveranno a usare come grimaldello il voto segreto, per consentire ai dissidenti di votare contro senza palesarsi. Il voto segreto, in materia elettorale, è consentito al Senato solo per i voti sulle minoranze linguistiche. Ieri M5S si è scatenata, chiedendo una cinquantina di voti segreti, contraddicendo la sua storia (Beppe Grillo sul blog nel 2013 scrisse: «Il voto segreto non ha senso, l’eletto deve rispondere delle sue azioni ai cittadini con un voto palese»). Per sminare il terreno, la maggioranza chiederà alcuni voti di fiducia, probabilmente 5, sugli articoli su cui sarà ottenuto il voto segreto. In questo modo, legando il voto alla permanenza in carica del governo, si dovrebbe superare l’ostacolo.
Ma c’è un’altra questione delicata per la maggioranza. È il numero legale, che sarà probabilmente chiesto dalle opposizioni. Il numero minimo di senatori necessario per un voto valido si aggira tra i 140 e 145 (bisogna scorporare congedi, permessi e simili). La questione si pone perché Lega e FI, che sono favorevoli alla legge, non possono votare a favore della fiducia, perché entrerebbero nella maggioranza di governo. E non possono votare contro, perché rischierebbero di affossare una legge alla quale sono favorevoli. L’escamotage è uscire dall’Aula. Ma a quel punto il numero legale rischia di non esserci più. Quindi tra la prima e la seconda chiama, si deciderà se andare in soccorso della maggioranza e una decina di senatori Fi e Ala potrebbero restare, non votando o votando contro (al Senato è uguale). Il voto finale, invece, sarà palese. E questo consentirà il sì anche di Lega, FI e Ala. A meno di sorprese.