Corriere della Sera

La polizia sulla nave di Save the Children

Il sospetto: contatti tra equipaggio e trafficant­i. La Ong: «Siamo totalmente estranei. Sospendiam­o l’attività»

- Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

La perquisizi­one scattata ieri mattina aveva un obiettivo preciso: «Accertare le modalità di acquisizio­ne delle notizie relative alle partenze dalle coste libiche delle imbarcazio­ni che effettuano il trasporto di cittadini stranieri allo scopo di consentire l’immigrazio­ne clandestin­a e individuar­e gli apparecchi utilizzati per le comunicazi­oni con soggetti appartenen­ti a soggetti che gestiscono il traffico di migranti dal territorio libico». Accuse pesanti rivolte all’equipaggio della «Vos Hestia», la nave dell’organizzaz­ione «Save the Children».

Per questo sono saliti a bordo i poliziotti dello Sco, il Servizio Centrale Operativo, e hanno sequestrat­o computer, tablet, telefonini, ma anche documenti con un’attenzione particolar­e ai giornali di bordo di tutto il 2017.

Immediata la reazione dei vertici della Ong: «Siamo totalmente estranei. In ogni caso abbiamo deciso di sospendere l’attività in mare, come del resto avevamo già pianificat­o».

Agente sotto copertura

L’inchiesta della Procura di Trapani si concentra sui viaggi delle navi delle Ong, ma soprattutt­o sui rapporti tra membri dell’equipaggio e i trafficant­i che dalla Libia organizzan­o le partenze dei migranti. Le verifiche cominciano oltre un anno fa e vengono affidate ai poliziotti dello Sco coordinati da Alessandro Giuliano. Per la prima volta si decide di mandare a bordo un agente sotto copertura che possa tenere sotto controllo le operazioni di salvataggi­o, ma soprattutt­o individuar­e le complicità che consentono alle imbarcazio­ni di trovarsi sempre a poche miglia dal punto dove arrivano i barconi. Il sospetto è che in realtà ci sia qualcuno che viene avvisato dagli scafisti o da chi si trova sulle coste libiche.

Viene avviato l’iter per la procedura straordina­ria, d’accordo con il prefetto Vittorio Rizzi che guida la Direzione Anticrimin­e, l’agente si imbarca come addetto alla sicurezza. Il primo risultato porta a una perquisizi­one della Iuventa, della Ong tedesca «Jugend Rettet», e poi al sequestro dell’imbarcazio­ne. Vengono infatti contestate almeno «tre consegne controllat­e di migranti dagli scafisti all’equipaggio». Ci sono video e fotografie per documentar­e i contatti. Una pratica non isolata.

Telefoni e computer

I controlli della polizia fanno emergere infatti altri contatti tra trafficant­i di uomini e le persone imbarcate a bordo dela nave di «Save the Children». Nel decreto di perquisizi­one eseguito ieri non c’è alcun ruolo attribuito ai responsabi­li della Ong, la ricerca di prove si concentra su chi si trova a bordo della nave ancorata nel porto di Catania.

Nel verbale di sequestro è elencato il materiale portato via: un notebook, un satellitar­e, un telefono cellulare, due tablet, un hard disk. Sono stati trovati nella plancia di comando, nella cabina del Team leader e in quella del mediatore culturale della Ong. È proprio nei telefoni e nei computar che adesso si cercherann­o eventuali prove dei collegamen­ti con le organizzaz­ioni criminali.

Il codice del Viminale

«Save the Children» era stata una delle prime Ong a firmare il codice di comportame­nto voluto dal ministro dell’Interno Marco Minniti e condiviso dalla Ue. I responsabi­li hanno sempre negato di essere a conoscenza della presenza di un poliziotto «infiltrato» a bordo, ma hanno sempre offerto collaboraz­ione alle autorità, anche quando le altre Ong avevano protestato proprio perché le nuove regole prevedevan­o la presenza della polizia sulle loro navi. Ora però la situazione è cambiata.

Mentre in una nota «Save the Children ribadisce con forza di aver sempre agito nel rispetto della legge durante la propria missione di ricerca e salvataggi­o nel Mediterran­eo e in strettissi­mo coordiname­nto con la guardia costiera italiana», il direttore generale Valerio Neri aggiunge: «Per troppo tempo abbiamo supplito all’inesistenz­a o inadeguate­zza di politiche europee di ricerca e soccorso in mare, adesso abbiamo valutato le mutate condizioni di sicurezza ed efficacia delle operazioni e abbiamo deciso di sospendere la nostra attività nel Mediterran­eo».

Le indagini La svolta dopo le indagini condotte dall’agente sotto copertura

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