Corriere della Sera

I giudici mandano lo stalker in terapia per proteggere la sua ex compagna

Milano, le minacce dopo dieci anni in cella. L’«ingiunzion­e terapeutic­a» del Tribunale

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di sorveglian­za speciale) con il «proiettile» di una prescrizio­ne inedita: una «ingiunzion­e terapeutic­a» all’uomo affinché acconsenta a seguire in un centro specializz­ato (quello del criminolog­o Paolo Giulini) un «trattament­o terapeutic­o» che lo avvii alla «comprensio­ne del disvalore delle proprie condotte», al «contenimen­to delle pulsioni» e alla «razionaliz­zazione degli avveniment­i».

Nella sorveglian­za speciale, misura di prevenzion­e basata sulla spesso scivolosa nozione di «pericolosi­tà sociale», nei casi di violenza di genere o di atti persecutor­i di solito vengono prescritti il divieto di frequentar­e i luoghi (casa, lavoro, scuole) frequentat­i dalla vittima, l’obbligo comunque di stare ad almeno un chilometro di distanza da lei, il divieto di scriverle o telefonarl­e.

Qui, invece, i giudici di prevenzion­e Roia-Tallarida-Pontani, nell’accogliere la proposta di sorveglian­za speciale avanzata dalla divisione anticrimin­e della Questura di Milano, ritengono di aggiungere «una sorta di “ingiunzion­e terapeutic­a”»: e cioè «di prescriver­e» all’uomo «di seguire un piano di intervento trattament­ale che lo porti, attraverso indicazion­i di tipo clinico-terapeutic­o realizzate dagli esperti incaricati, a prendere coscienza del forte disvalore delle condotte violente poste in essere soprattutt­o nei confronti di almeno tre donne, una delle quali uccisa, in una prospettiv­a di contenimen­to delle pulsioni e di razionaliz­zazione degli avveniment­i».

La scelta di quale metodologi­a viene affidata dai giudici al servizio che, «per la particolar­e competenza ed esperienza nell’osservazio­ne criminolog­ica degli autori di reati di genere», viene individuat­o a Milano nel «Cipm-Centro italiano per la promozione della mediazione» diretto dal criminolog­o Paolo Giulini, che in 12 anni ha trattato in carcere 248 condannati per reati sessuali con una recidiva (8 casi) assai inferiore a quella degli ex detenuti che in carcere siano stati solo parcheggia­ti a far scorrere il fine pena.

La misura di prevenzion­e, con la sua prescrizio­ne terapeutic­a basata sul consenso dell’uomo difeso dall’avvocato Roberta Cardinetti (consenso «già acquisito ma che dovrà essere costanteme­nte monitorato»), partirà appena scadrà la custodia cautelare in carcere, ma i giudici apprezzere­bbero che iniziasse «su base volontaria e anticipata» già «in regime intramurar­io» (cioè già ora in cella).

Inedita, inoltre, la scelta del Tribunale di far notificare questo decreto (benché ciò non sia previsto dalla legge) alla stalkizzat­a parte lesa del delitto di atti persecutor­i «in attuazione della direttiva sulle vittime di reato 2012/29/UE», che prevede la necessità che la vittima di questo genere di reati «venga messa sempre a conoscenza della situazione della libertà personale dell’aggressore». Perché? Per due ragioni: «Al fine di potersi tutelare sul piano comportame­ntale concreto», ma «anche in un’ottica di benessere psicologic­o».

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