Corriere della Sera

La sfida di Benedetta dopo il sisma «Riparto da qui con le lenticchie»

La ragazza di Norcia, 25 anni: volevo scappare, un anno dopo apro un’azienda

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l momento della scossa non me lo dimentiche­rò mai. Avevo fatto tardi, a brindare in vineria. Ero nel sonno più profondo. Mi sono svegliata di colpo. Ma ero paralizzat­a. Col cervello che diceva: “Vattene, corri”. E il corpo immobile, che non rispondeva. Finché non è arrivata mia madre. Ha strappato via le coperte, mi ha preso per un braccio e ha urlato: “Alzati, scappa!”». Lo scorso 30 ottobre, Benedetta Coccia, aveva spento 24 candeline, ignara che poche ore dopo la sua vita di ragazza «tosta» sarebbe stata in bilico. Dodici mesi dopo, di nuovo a Norcia, festeggerà i suoi 25 anni aprendo un’azienda tutta sua. Commercial­izzerà i prodotti delle sue parti: lenticchie di Castellucc­io, ma non solo. Legumi inconsueti, mousse e salsette con package innovativi.

Trasmette allegria e voglia di fare Benedetta, quando racconta la sua sfida, già vinta, alla paura del terremoto e del futuro senza prospettiv­e. «Ero al terzo piano quando c’è stata la scossa. E l’ho sentita: non in modo tremendo, di più. Tanto che sono scappata da mia sorella a San Benedetto del Tronto. Lì, dopo il trauma, ho avuto il pensiero di andarmene per sempre. La domanda che mi martellava la testa era: “Cosa Benedetta Coccia, 25 anni il prossimo 30 ottobre, nei campi della Piana di Castellucc­io. La sua azienda commercerà le rinomate lenticchie e prodotti tipici della zona mi aspetterà da qui in avanti?”. Per un giovane non è facile», dice con semplicità. «Dopo un mese i miei sono tornati a casa. Di tornare a Norcia però avevo il terrore, ma anche a San Benedetto non stavo bene: sentivo la mancanza di babbo e mamma. E mi sentivo in colpa». Perché in colpa? «Vivevo la frustrazio­ne, tremenda, di non essere lì e non fare qualcosa per la mia terra».

Poi il ritorno a casa e lo choc: «C’erano i Vigili del fuoco, mezzi militari mai visti. Sembrava la guerra. Persone, prima pimpantiss­ime, vagavano mute e con lo sguardo nel vuoto». Mesi di dubbi: «Che faccio? Che non faccio? Vado? Torno? A marzo però mi è scattata una molla interiore. Devo ripartire, ho pensato. Ma meglio di prima. E così ho voluto creare “Horo di Norcia”, valorizzan­do i nostri prodotti di nicchia: dalla cicerchia alla roveja (un pisello selvatico), alla pasta biologica. Una linea tutta dedicata al terremoto». Al terremoto? «Certo. Sul marchio c’è la data che ho voluto rendere indelebile: il 30/10/16. Il giorno che ci ha costretto a rinascere».

Il know how Benedetta lo ha imparato nell’azienda del padre dove da quattro anni si occupa dell’amministra­zione. Gli amici la chiamano «nonna Coccia», scherzando sul suo cognome, che significa testa dura, e sulla sua prematura saggezza. «A 22 anni invece di stare a ballare andavo a letto perché al mattino dovevo lavorare — dice —. Sono cresciuta troppo in fretta. Però ne è valsa tanto la pena. Ho imparato molto». Ce la si può fare, anche tra le macerie? «Certo. Ma ci vuole tanta volontà e tanta passione».

Lei le condivide con Emanuele, il suo ragazzo: «Abbiamo la stessa età. Mi ha aiutato moltissimo. Entrerà in campo

La data «Impressa sul marchio la data del terremoto, il giorno che ci ha costretto a rinascere»

con me. Noi giovani abbiamo reagito molto meglio delle aspettativ­e. C’è molta resilienza. Anche se la burocrazia è lentissima e la ricostruzi­one non è partita», rimarca. E lancia un appello severo: «Però ci serve un aiuto concreto e immediato dalle istituzion­i. Lo scriva. Incentivi per i giovani: che so, un finanziame­nto per la costruzion­e di stabili o per l’acquisto di macchinari. Ma subito. Altrimenti questi territori, senza di noi, moriranno».

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Tra i fiori

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