Corriere della Sera

LA NOSTRA RIFORMA FISCALE DEVE ESSERE ECOLOGICA

- Di Edoardo Croci

Caro direttore, la recente proposta dell’Istituto Bruno Leoni sulla «flat tax» ha il merito di aver innescato un dibattito sulla necessità di una profonda revisione dei meccanismi di tassazione del reddito, in una logica di semplifica­zione, equità e contrasto all’evasione.

Il dibattito mostra anche i limiti del processo di riforma fiscale avviato con il conferimen­to nel febbraio 2014 della delega al governo da parte del Parlamento per la realizzazi­one di una riforma fiscale.

Una delle assenze più rilevanti da questo quadro è l’adozione di una riforma fiscale ecologica finalizzat­a a spostare il carico fiscale dal reddito e dal lavoro alle attività dannose per l’ambiente. Tale riforma avrebbe come principali benefici la limitazion­e dei danni sociali generati dall’inquinamen­to e un maggiore reddito disponibil­e per le famiglie.

L’effetto complessiv­o sarebbe un forte stimolo alla crescita dell’economia, con misure struttural­i di sostegno all’attuale ripresa, indirizzan­do il nostro sistema produttivo verso la «green economy», dove il nostro Paese presenta già rilevanti elementi di vantaggio competitiv­o.

La ricetta della riforma fiscale ecologica viene suggerita al nostro governo ormai da diversi anni da parte di tutte le organizzaz­ioni internazio­nali. In particolar­e nel 2013 l’Ocse aveva raccomanda­to l’adozione di misure in questo senso, ma nella valutazion­e delle performanc­e economiche dell’Italia effettuata quest’anno ha attestato

l’assenza di progressi su questo fronte. La Commission­e europea a sua volta già nel 2012 aveva raccomanda­to all’Italia la rimodulazi­one in senso ambientale delle tasse esistenti a un generale spostament­o del carico fiscale dal lavoro all’inquinamen­to e al consumo di risorse naturali.

Oggi alcune delle attività dannose per l’ambiente invece che essere tassate ricevono addirittur­a sussidi da parte dello Stato, grazie ad una capacità lobbistica ormai sedimentat­a dei soggetti che ne benefician­o. Non si tratta di un problema solo italiano, tant’è vero che il Fondo monetario internazio­nale stima che la sola eliminazio­ne dei sussidi nel settore energetico a livello mondiale farebbe aumentare il gettito degli Stati di 2.900 miliardi di dollari (il 2,9% del Pil mondiale) riducendo le emissioni di CO2 del 20%.

Un primo importante passo è stato compiuto quest’anno con la pubblicazi­one da parte del ministero dell’Ambiente del Catalogo dei sussidi ambientalm­ente dannosi e dei sussidi ambientalm­ente favorevoli, istituito per legge l’anno precedente. Il documento, per quanto suscettibi­le di migliorame­nti nelle edizioni dei prossimi anni, fornisce per la prima volta un quadro complessiv­o della dimensione del fenomeno nel nostro Paese.

Si quantifica­no i sussidi ambientalm­ente dannosi in 16,1 miliardi di euro (contro i i 15,7 di sussidi favorevoli all’ambien- te, in particolar­e alle energie rinnovabil­i, sulla cui efficienza ci sarebbe pure da discutere) ripartiti nei settori dell’agricoltur­a, dell’energia e dei trasporti. Tra le voci più rilevanti: 1.551 milioni di euro di esenzione dall’accisa sui carburanti per gli aerei, 456 milioni di euro di esenzioni dall’accisa sui carburanti per la navigazion­e, 1.295 milioni di euro di rimborsi per il gasolio per l’autotraspo­rto, 634 milioni di euro di esenzione dall’accisa sull’energia elettrica nelle abitazioni con potenza fino a 3 kwh, 4.968 milioni di euro di differenza di trattament­o fiscale tra gasolio (agevolato anche se più inquinante) e benzina nei trasporti. Il prossimo passaggio dovrebbe essere l’eliminazio­ne di questi sussidi. In periodo elettorale qualcuno avrà il coraggio di farlo. Docente all’Università

Bocconi

Tassazione Oggi alcune attività dannose ricevono addirittur­a sussidi da parte dello Stato

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy