L’eros malato di Weinstein
Trovo vergognoso che, di fronte a un caso di ricatto e violenza sessuale, anziché cercare di osservare il molestatore per giudicarlo e se necessario punirlo, ci si metta a fare le pulci sulla molestata, puntando sull’idea antichissima che la colpa di ogni cosa si ritrova in quella creatura fragile e pericolosa , incapace di governarsi, e perciò incontrollabile che abita in un giovane corpo femminile. Ma se veramente fosse così, avrebbero ragione i fondamentalisti musulmani che lo coprono da capo a piedi quel corpo, dichiarando per l’appunto che la donna, ogni donna, deve essere messa nella condizione di non tentare l’ uomo, qualsiasi uomo. Come se il corpo femminile non avesse il diritto di provare emozioni, desideri, sogni, ma fosse solo un sistema simbolico di comunicazione fra uomini in un mondo androcentrico. Un corpo da tenere a bada perché può attrarre e sedurre distraendo rischiosamente la persona maschile dai suoi doveri sociali, militari, religiosi. Ma in un mondo che si pretende libero ed emancipato che senso ha la compulsione sessuale? Che un uomo potente nel campo economico e industriale senta il bisogno di ribadire il suo potere ricattando donne che hanno bisogno di lavoro, di riconoscibilità, sembra inverosimile: eppure dai suoi gesti si capisce che all’interno del suo ricco regno in cui domina sugli uomini e sulle cose, c’è un vuoto che il ricattatore carnale deve riempire col furto sistematico e la sottomissione del corpo femminile. La domanda è: perché non si riflette di più sulla sessualità maschile, anziché rimproverare continuamente le donne di mettersi in mostra, di sedurre, di indurre in tentazioni? Ma come diceva con stringente logica Suor Juana Inez de la Cruz: «Se vi chiude la porta la chiamate ingrata/se ve la apre la chiamate lasciva; /come dovrebbe comportarsi colei che al vostro amore pretende/se la ingrata vi offende /e la allegra vi scandalizza»? Stiamo parlando del 1600. Gli uomini saggi e maturi d’animo capiscono i cambiamenti storici e si adeguano. Chi invece identifica la propria virilità con gli antichi privilegi, e con cocciutaggine infantile, rivendica il possesso e la conquista coatta, finisce nella perversione. Vi ricordate don Giovanni che contava le conquiste: «E in Spagna son già mille e tre»? Solo che don Giovanni sfidava il cielo, il nostro potente di turno sfida se stesso e la propria miseria sessuale: il suo eros si anima solo quando umilia, offende e ferisce.