Ombretto steso sulla tela grezza Il Premio Cairo va a un «Trucco»
La XVIII edizione del Premio Cairo, quella della maturità, è andato alla 31enne milanese Serena Vestrucci. La vincitrice è un talento fatto tutto in casa: ambrosiana al 100 per cento, studi all’Accademia di Brera con passaggi a Berlino e Venezia e già esposizioni alle spalle a Marsiglia, Genova, Milano per CityLife e Torino alla fondazione Sandretto Re Rebaudengo. L’opera premiata si chiama Trucco, non perché ci sia sotto qualche brutta sorpresa ma perché è realizzata spalmando ombretti di diverso colore sulla tela grezza, poi cucita insieme. «Non voglio dare un particolare significato alle opere che realizzo — racconta l’artista — insisto solo nell’utilizzare materiali di vita quotidiana che trasformo con escamotage».
L’opera premiata presentava un curioso particolare già nella didascalia d’accompagnamento: c’era indicato «realizzata in due settimane». «Indico sempre il tempo di realizzazione perché credo sia una variabile importante nell’arte. Il lavoro conta e l’osservatore deve conoscere questo dato». Un tempo, del resto, gli artisti erano pagati anche in relazione alla grandezza della tela e al tempo utilizzato per la realizzazione.
Giunto dunque a piena maturità, e diventato «il più autorevole ed efficace strumento per sostenere la giovane arte italiana», come sottolineato ieri sera a Palazzo Reale nella presentazione dal direttore del mensile «Arte» Michele Bonuomo (presenti anche l’assessore alla Cultura di Milano, Filippo Del Corno, e il presidente della Regione, Roberto Maroni), il Premio Cairo pare riuscire a intercettare i contingenti e rapidi mainstream dell’arte contemporanea.
«Nato da una idea di Nuccio Madera, ex direttore di “Arte”, con l’intenzione di dare una opportunità ai giovani artisti italiani under 40», ha ricordato il presidente Urbano Cairo, la galleria dei premiati dal 2000 ad oggi rivela un passaggio da un forte impatto iconico (si pensi a Treno di Luca Pignatelli, primo vincitore), all’uso dei video (da Alice Cattaneo ai Masbedo) a, oggi, un tentativo di giustapposizione di materiali diversi. Oltre al vincitore Trucco, che lavora sulla cosmesi, molte altre opere giocano con sovrapposizioni di acciaio, tessuti, pellicole fotografiche, carta, resina, vetro… quasi nel tentativo di sottrarsi alla dittatura del digitale. Tra le venti opere sottoposte alla valutazione della giuria presieduta da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e composta da Gabriella Belli, Bruno Corà, Claudia Dwek, Gianfranco Maraniello e Andrea Viliani non ci sono opere di digitalart in senso stretto. Mentre, di contro, c’è anche un ritorno al figurativo (Mediterraneo di El Gato Chimney e, in maniera sofisticata, Terapia di luce di Dimitri Agnello). Si nota anche parecchia attenzione ai meccanismi percettivi, una costante nella storia dell’arte almeno dal Rinascimento, quando prospettiva, studi di ottica e, di lì in poi, camere oscure dominarono la sperimentazione nella pittura. Anche la motivazione del premio alla emozionatissima Serena evidenzia un po’ questi aspetti: «Se l’attività dell’arte — si legge — è anche artificio e mostrarsi, e se il suo rinnovamento avviene attraverso materiali inusuali, l’opera Trucco realizza efficacemente tale attitudine trattando il quadro come la pelle del corpo».
Rispetto alle prime annate di Pignatelli, Federico Guida e Matteo Bergamasco, e anche ad opere come Auro taxi di Chris Gilmour e La suprema di Fabio Viale — forse le «preferite» dal patron Cairo che se le è messe in ufficio — è un po’ scomparsa la dimensione sociale.
Ricordiamo i nomi dei venti artisti finalisti, le cui opere rimarranno esposte sino al primo novembre a Palazzo Reale di Milano: Dimitri Agnello, Meris Angioletti, Ludovico Bomben, Giuseppe Buffoli, Tiziano Doria, El Gato Chimney, Christian Fogarolli, Monica Mazzone, Matteo Negri, Maria Teresa Ortoleva, Ettore Pinelli, Michael Rotondi, Matteo Rubbi, Manuel Scano Larrazàbal, Caterina Erica Shanta, Pietro Spirito, Kristian Sturi, Patrick Tabarelli, Serena Vestrucci e Giulio Zanet. Con loro, saranno esposte anche le opere dei 40 finalisti del Premio Arte riservato a studenti delle accademie e delle scuole d’arte che non hanno ancora esposto in personali di rilievo. Tra queste, oltre al figurativo, c’è persino il ritorno del marmo.
Complessivamente, dal Premio Cairo sono passati nei precedenti 17 anni ben 327 artisti, 41 dei quali hanno poi esposto anche alla Biennale di Venezia. Dopo 14 anni alla Permanente, dall’anno scorso il Premio si festeggia a Palazzo Reale, e ciò ne «suggella la validità», ha ricordato l’assessore alla Cultura di Milano, Filippo Del Corno. Il presidente della Regione, Roberto Maroni, auspicava invece un lombardo tra i vincitori (qualche mugugno tra i presenti). Di fatto è stato accontentato anche lui.
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