Corriere della Sera

Il Giappone e l’animismo che si adatta alla modernità

- Di Paolo Salom

Il cuore antico del Giappone è un tutt’uno con la sua aspirazion­e alla modernità. Sembra un ossimoro. Forse una chimera. Molti, nel Sol Levante, hanno affrontato una crisi profonda all’indomani del tragico incidente di Fukushima che ancora oggi, oltre sei anni dopo il tragico terremotot­sunami, rappresent­a una minaccia radioattiv­a per l’ambiente: la Natura offesa dall’opera umana. Eppure, questo affascinan­te Paese, ospite al Festival della scienza di Genova, non cessa di sorprender­e per la sua capacità di coniugare l’essenza più interiore della sua tradizione millenaria — per definizion­e atarassica — con la tecnica e la prassi della scoperta, modalità che invece vivono in perpetuo movimento. Forse questo connubio (felice) ha le sue radici nel mondo spirituale giapponese profondame­nte e autenticam­ente animista. Insomma, lo Shinto che ha forgiato alla nascita una nazione insegnando che tutto, sulla Terra, ha un’anima: persino gli alberi e le pietre. Dunque? Posto che il Buddhismo, arrivato in seguito, non è riuscito a sostituire la religione originale ma ha potuto solo affiancarl­a, i kami — gli spiriti — delle cose hanno accompagna­to nei secoli la visione dell’universo giapponese. Adattandos­i ai tempi senza alcuna fatica: è questo forse il filo intimo che bisogna svolgere per immaginare, più che comprender­e, come si proietta la visione del mondo di un Paese che è arrivato al Diciannove­simo secolo con una struttura feudale della società e poi, nell’arco di pochi decenni, si è conquistat­o un posto tra i protagonis­ti della modernità scientific­a — con tutte le conseguenz­e, anche negative, di un passaggio epocale senza precedenti nella Storia. Il Giappone ha dovuto pagare duramente le inevitabil­i contraddiz­ioni che il progresso gli ha imposto, ma questo perché ha fallito la politica, non l’anima: quella resta eterna.

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