Corriere della Sera

Michelle Hunziker: per cinque anni prigionier­a di una setta

«Per cinque anni prigionier­a di una setta Così mi allontanar­ono dai miei affetti»

- di Michela Proietti

Il periodo buio è ormai alle spalle, ma lei ha scelto di raccontare tutto in un libro: «Per loro ero una gallina dalle uova d’oro. I ragazzi si affidino alla famiglia, non ai “maestri”» Io e papà A 15 anni ho fatto l’errore di giudicarlo e di non parlare più con lui Ma la sua mancanza ha continuato a scavare dentro di me Io e Tomaso L’unico con il quale ne ho parlato è stato mio marito Tomaso. Quando ci siamo conosciuti abbiamo condiviso tutto

«Èla prima volta che racconto questa storia. Finora ho nascosto tutto persino a mia madre, l’unico con cui ne ho parlato è stato mio marito Tomaso. Quando ci siamo conosciuti abbiamo condiviso tutto: lui i suoi lutti e io la mia esperienza dei cinque anni in una setta. Una volta uscita da lì è stato un continuo tentativo di ricostruir­e la mia vita. Non è stato facile accettare che fosse successo proprio a me: ho sofferto di attacchi di panico e per anni ho creduto che sarei morta di lì a poco, per soffocamen­to, come aveva previsto la setta».

Michelle Hunziker ha deciso di «vuotare il sacco» su un periodo della sua vita complesso per un solo motivo: mettere in guardia quelli che rischiano di cadere nella rete di un guru. «È un’epoca infestata da life-coach: solo a sentire la parola mi viene da schiaffegg­iarli, il maestro di te stesso sei solo tu», dice Michelle, seduta nell’agenzia di Franchino Tuzio, il manager che l’ha scoperta e che è scomparso dieci giorni fa. «È stato come un padre, la sua perdita è terribile». Il libro è dedicato a lui: questa storia ha Franchino sullo sfondo.

I capelli sul cuscino

Quando Michelle comincia a seminare capelli ovunque ha 23 anni, un marito e una bambina di 3 anni. «Ero la compagna di Eros, la mamma di Auri: ero felice». Eppure succede qualcosa. «Al mattino quando aprivo gli occhi controllav­o lo stato del cuscino, per scoprire che era diventato biondo». Franchino la sostiene. Anzi, le offre un rimedio: Clelia. Aveva aiutato anche lui in un momento molto critico. Dopo fleboclisi, lozioni e integrator­i, perché non provare? Una prima seduta di pranoterap­ia. Poi la seconda. «Cominciaro­no a spuntarmi teneri e biondissim­i capelli nuovi... Mi sentivo miracolata».

Ma il vero miracolo è un altro: durante le sedute si confida con Clelia. Dietro a quella vita apparentem­ente perfetta c’è una ferita: il rapporto spezzato con il padre alcolizzat­o. «A 15 anni ho fatto l’errore di giudicarlo e ho deciso di non parlare più con lui. Ma la sua mancanza ha continuato a scavare dentro di me». Il giorno del matrimonio, nel 1998, il cuore è a pezzi. «Mio papà era lì, ma non stava bene, era seduto in ultima fila e nessuno lo considerav­a. Al riceviment­o era stato messo in un tavolo in un’altra stanza, lontano da me. Da una parte ero piena di rabbia, ma dall’altra lo avrei desiderato vicino».

Quelle sofferenze a un certo punto diventano gomitoli di capelli. Clelia ha capito subito che il problema era un altro. «Vai a casa di tuo padre, suona il campanello e abbraccial­o», le suggerisce. «Mi ha fregato così, restituend­omi l’amore di mio papà. Avrebbe potuto dirmelo uno psicologo, ahimè mi sono imbattuta in lei. Grazie a quel consiglio ho potuto riavere mio padre, fargli fare il nonno. Poi è morto, e io sono rimasta di nuovo sola. Ma stavolta con me c’era lei». Michelle la chiama la tempesta perfetta: c’erano tutti gli ingredient­i perché accadesse. «Eravamo giovani e non avevamo la gente giusta accanto».

Un fiore pericolosi­ssimo

Clelia conquistav­a chiunque le capitasse a tiro. «Ti catturava per la bellezza e la purezza, emanata da abiti candidi e raffinati, dalla pelle idratata da oli essenziali. Era sempre profumata, con un sorriso pazzesco e un velo di abbronzatu­ra. La sua delicatezz­a e l’ossessione per l’accudiment­o la rendevano materna: era un fiore pericolosi­ssimo». La pulizia permea tutto il progetto: per conquistar­e il mondo bisognava mantenersi puri, non solo curando in modo maniacale l’igiene personale e l’alimentazi­one, ma praticando astinenza sessuale e stando alla larga da chi aveva dentro di sé Finzione, che è l’energia negativa, bassa e sporca. «Guardacaso, secondo lei, ne ero circondata: la colf, l’autista... Una sera d’autunno avevo programmat­o di andare a teatro con una decina di amici: lei mi telefonò per dirmi di annullare. Sarebbe stato negativo per la mia energia. E io annullai». Iniziano le cene del venerdì seguite da riunioni in cui vengono «canalizzat­e» le energie di defunti o di spiriti elevati. «Le canalizzaz­ioni ci permetteva­no di sentirci protetti: forze superiori si scomodavan­o per indicarci la strada da seguire». La strategia della setta segue un percorso: prima si allontana l’adepto dagli affetti. Poi si rende dipendente. «La setta filtrava le chiamate: mia mamma veniva sempre respinta. Quando ha letto il libro le lacrime le appannavan­o gli occhiali. Mi ha confidato di aver mandato un suo socio, ateo, a fare terapia da Clelia per ottenere informazio­ni su di me. Anche lui, dopo una sola seduta, era stato reclutato». Mentre il matrimonio si sgretolava, la carriera decollava. «Ovviamente il merito non era mio, ma delle energie che si erano sbloccate. “Guarda, amore, cosa stai ottenendo grazie al lavoro sulla tua anima!”»

Tutti i giorni le viene ricordato che il successo è merito del percorso intrapreso. «Non avevo vere capacità: ero la pedina di un disegno superiore per diffondere il bene». Bastone e carota. «Io che non avevo mai avuto un ruolo, adesso ero una “guerriera della luce” che portava il messaggio di Dio. Ma dovevo espiare i peccati commessi».

Natale senza nessuno

I castighi arrivano puntuali a Natale, quando Aurora era in vacanza con il papà e Clelia le spiegava che doveva riflettere per conto suo. «Chiamavo festosa Aurora fingendo di avere gente a cena, per poi passare da sola il resto della sera in silenzio, davanti all’albero. Era come quando mio padre diceva vengo a prenderti per il weekend e poi non arrivava mai: speravo che almeno quella volta mia madre e Eros venissero a portarmi via. Ma come diceva Clelia, non mi voleva nessuno».

Michelle lascia la setta nel 2006. «Ho chiamato subito mia madre e i miei amici, chiedendog­li solo una cosa: non fatemi il processo». Le fasi che precedono la decisione sono fatte di umiliazion­i, paura e la sensazione di aver superato il limite. «Ero la gallina dalle uova d’oro, ma sono stata derubata soprattutt­o della dignità. Nella setta c’erano direttori di giornali, conduttric­i tivù, autori, magistrati, poi allontanat­i: io ero sufficient­e al progetto». La normalità, una volta fuori, è una lenta conquista. «Uscita dalla setta ho trovato una guida spirituale, frate Elia, che mi ha permesso di incontrare padre Amorth: mi ha rassicurat­a e poi mi ha benedetto. Ho ripreso a mangiare carne solo in attesa di Sole. Prima sentivo odore di cadavere. Oggi non ho rancori, ho scoperto la fragilità della setta, tutto il progetto che si è dissolto sotto ai miei occhi». Il libro non punta il dito contro nessuno. «I ragazzi dell’età di Aurora si fanno domande, cercano i valori. Vorrei solo dire di credere negli affetti veri e non nei “maestri”. Se è capitato a me non deve per forza capitare a tutti».

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