Corriere della Sera

LA SCELTA GIUSTA PER IL PAESE

- Di Federico Fubini

Ignazio Visco si avvia verso il suo secondo mandato alla guida della Banca d’Italia mentre entra nel vivo la commission­e parlamenta­re sui dissesti degli istituti. E con tutti i nostri evidenti problemi, l’errore che ora non dovremmo commettere noi italiani è quello di sentirci eccezional­i. Non lo siamo. Né nel bene, né nel male. Siamo, banalmente, solo gli ultimi in ordine di tempo. Dal 1990, hanno affrontato crisi bancarie di dimensioni sistemiche — nell’ordine — la Svezia, la Finlandia, la Norvegia, la Corea del Sud, Taiwan, il Giappone, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Danimarca, il Belgio, l’Olanda, la Germania, l’Austria, la Grecia, la Spagna, la Francia, il Portogallo e Cipro. Per non parlare delle economie meno avanzate, fra le quali tutti i principali Paesi asiatici, tutti quelli dell’America Latina e la Turchia.

E magari sfuggirà nella caccia all’uomo che in certi giorni sembra diventata la politica italiana, ma in nessuno di quei casi è mai stata gestita una crisi bancaria come lo si fa oggi: con poco denaro pubblico e con il bail-in, cioè l’imposizion­e di perdite anche su obbligazio­nisti e depositant­i fino all’8% dei debiti di una banca sostenuta dallo Stato. Perché questo è ciò che accade in Italia, ed è senza precedenti.

Per salvare le banche la Finlandia ha investito risorse dei contribuen­ti per il 12% del Pil, il Giappone il 14%, l’Irlanda il 30%, la Germania il 12,8%, l’Olanda il 14,6%, la Gran Bretagna il 6,7%, la Spagna il 7,3%, gli Stati Uniti il 4,8%.

Spese enormi, comprensib­ilmente impopolari, ma si spiegano proprio perché lasciare cadere il sistema finanziari­o avrebbe prodotto conseguenz­e anche peggiori. Quanto al governo italiano, finora ha speso circa l’1,2% del Pil. Meno di tutti.

A volte vale la pena mettere questi fatti in prospettiv­a, perché è innegabile che la Banca d’Italia in questi anni abbia commesso anche degli errori. Forse avrebbe dovuto fare di più nella finestra di tempo — stretta — fra il superament­o della fase acuta della crisi del debito nel 2012 e l’avvio dei nuovi vincoli europei sui salvataggi un anno dopo. Di certo non è stata rapida nel reagire ad alcuni risvolti pericolosi nel dissesto della Popolare di Vicenza. In molti altri casi, invece, Visco e i suoi hanno vigilato, segnalato (non sempre ascoltati) ed evitato guai peggiori. La lezione resta la stessa in tutto il mondo: la capacità dei regolatori di impedire gli eccessi e tenere a freno l’avidità nel sistema finanziari­o è profondame­nte imperfetta ovunque. I banchieri saranno sempre più veloci dei loro guardiani, perché sono loro ad avere in prima battuta il controllo delle risorse e delle relative informazio­ni. Sono loro a poter distribuir­e il denaro in tanti piccoli rivoli, dunque il potere che esercitano sui politici è prodigioso. Spetta semmai ai governi il compito di cambiare le regole del gioco quando diventa evidente che queste non funzionano. E in Italia resta ancora molto da fare per eliminare gli incentivi, fiscali e normativi, che producono troppi piccoli potentati bancari locali immutabili nei decenni.

Niente di tutto questo significa che la commission­e parlamenta­re debba sospendere il giudizio sulla Banca d’Italia. Visco può aver preso tante decisioni corrette e qualche altra meno ma, anche lui, non è un caso eccezional­e. Alla Federal Reserve Ben Bernanke non vide l’arrivo della crisi dei subprime, non ne capì le conseguenz­e quando esplose, lasciò disastrosa­mente fallire Lehman Brothers, ma venne riconferma­to da Barack Obama e salvò l’economia globale dimostrand­osi uno dei migliori banchieri centrali di sempre. Il suo caso è simile a quello italiano almeno per un punto: l’integrità e la profession­alità di Visco non sono in discussion­e. È importante che non lo siano, perché un governator­e deve avere pieni poteri e piena legittimit­à negli anni difficili che aspettano il Paese. Non può essere sub iudice. Non è interesse di chi si candida a governare — a partire da Matteo Renzi — proseguire in una guerra di logorament­o sperando di riuscire ad avere una Banca d’Italia dimezzata. E lo è ancora meno perché in questi giorni abbiamo notato volteggiar­e attorno alle nomine di via Nazionale anche interessi opachi, ormai spelacchia­ti e indeboliti nell’Italia del 2017, ma ben visibili sotto le nubi. Con Visco, la Banca d’Italia è in mani integre. E non è poco.

Il ruolo Il governator­e deve avere piena legittimit­à e pieni poteri e non può essere sub iudice

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy