Corriere della Sera

Bankitalia, l’incarico a Visco

Gentiloni indica il suo nome nonostante il no di Renzi. Durerà sei anni

- Galluzzo, Marro, Salvia

Paolo Gentiloni ha scelto Ignazio Visco. La lettera con il nome del Governator­e della Banca d’Italia verrà aperta questa mattina, ma la decisione è stata presa nonostante il parere contrario di Matteo Renzi. Oggi si consumeran­no i passi formali, per chiudere con la firma del decreto di nomina da parte del Capo dello Stato Sergio Mattarella. L’incarico durerà sei anni.

A Palazzo Chigi cercano di sdrammatiz­zare, «vedrete che a Napoli, sabato, all’assemblea del Pd, si abbraccera­nno, non c’è nessuno strappo fra Paolo e Matteo».

Forse nello staff del presidente del Consiglio hanno anche ragione, è possibile che il rapporto personale sia integro, ma non c’è dubbio che la decisione di Gentiloni ha scavato un solco, politico, fra il capo del governo e il segretario del Partito democratic­o.

Ed è un solco che non è destinato a chiudersi perché Matteo Renzi ha dato un’indicazion­e ben precisa sui lavori della Commission­e parlamenta­re d’inchiesta e sulle richieste che il Pd farà in quella sede: l’obiettivo è «fare le pulci ad un sistema che non ha funzionato», ed i membri democratic­i della stessa Commission­e promettono che saranno «durissimi» sulla gestione Visco.

Del resto ieri è stato lo stesso presidente del partito, Matteo Orfini, ad annunciare pubblicame­nte che la Commission­e non farà sconti, intendendo ovviamente, in primo luogo, al Governator­e. Ed è ancora nello staff del segretario del Pd che si ascoltano ragionamen­ti di questo tipo: «Non ci prendiamo in giro, anche nei saloni di Palazzo Koch ammettono che Visco è un’anatra zoppa, che sono stati fatti errori macroscopi­ci nella vigilanza bancaria, e che magari non sono di diretta responsabi­lità del Governator­e ma lo coinvolgon­o eccome, per come ha esercitato il suo ruolo».

Insomma la lacerazion­e, politica e istituzion­ale, fra la Banca d’Italia e il primo partito di maggioranz­a è destinata a non rimarginar­si, semmai ad aggravarsi. E non solo per le ragioni della campagna elettorale. Ieri Renzi l’ha messa giù anche con una battuta: «Tutti ci auguriamo che Visco possa fare meglio, ma è anche difficile che possa fare peggio, nei prossimi 6 anni».

E i suoi collaborat­ori aggiungono benzina sul fuoco: «La Banca d’Italia ha un’autonomia e un potere molto grandi, ha denari e risorse umane smisurati, non si è lamentata per la mancanza di strumenti normativi o di poteri ispettivi e allora è legittimo porsi una domanda e puntare ad un cambiament­o, anche con Visco in sella: la governance interna va modificata, non ha funzionato, non occorrono nuove norme, ma il fatto che gli ispettori di Bankitalia vengano assunti dalle banche a cui fanno le ispezioni, cosa che accade da decenni, è un’indecenza che andrebbe corretta, per dirne solo una».

Se Renzi dunque da una parte prende atto che esiste un rapporto fiduciario (come ha detto del resto il capogruppo alla Camera Ettore Rosato) fra Gentiloni e Ignazio Visco, e fra questi e Mattarella, che alla fine è stato preminente, dall’altro non recede dal percorso intrapreso: è la cornice di un pezzo di campagna elettorale che altri avrebbero potuto fare contro il Pd. È un modo di parlare ai risparmiat­ori e agli elettori. «Ma è anche un modo per dire — continuano i suoi — che non esistono solo ragioni sistemiche o istituzion­ali, ci sono indubbiame­nte delle responsabi­lità nella vigilanza che emergerann­o nei lavori della Commission­e parlamenta­re d’inchiesta e su quelle chiederemo delle correzioni di rotta alla stessa Banca d’Italia».

Insomma se a Palazzo Chigi sussurrano che Renzi si sia pentito della scelta, e che poi abbia dovuto mantenere un canovaccio per coerenza, l’ex premier dimostra proprio il contrario. E più escono indiscrezi­oni sulla vigilanza bancaria di questi anni, e sui documenti che la Commission­e sta visionando, più il segretario sembra convinto della bontà della scelta fatta: verrà cavalcata ogni notizia di cronaca utile.

Con buona pace, aggiungono i suoi, del dileggio di Massimo D’Alema, che ha ironizzato sulla perizia politica di Renzi, così: «Nuovo brillante successo, dopo quello del Referendum costituzio­nale, e il grande successo dell’Italicum cancellato dalla Consulta. Il Pd ormai riesce a fare danni sia al Paese che a se stesso».

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A Roma Il premier Paolo Gentiloni, 62 anni, con il ministro ai Beni culturali Dario Franceschi­ni, 59, ieri agli Stati generali del paesaggio (Ansa)

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