Corriere della Sera

Così ha respinto gli attacchi Lo scudo di Draghi e di Mattarella

Ora la partita della commission­e d’inchiesta

- di Enrico Marro

L’outsider è cresciuto, in questi sei anni. E la determinaz­ione con la quale Ignazio Visco ha respinto gli attacchi di mezzo Parlamento, Pd compreso, si è rivelata il presuppost­o indispensa­bile per restare al timone di Palazzo Koch nonostante la tempesta. Presuppost­o senza il quale i suoi due grandi sponsor, Sergio Mattarella e Mario Draghi, non avrebbero potuto blindare la nomina nel segno della stabilità dell’istituzion­e e della salvaguard­ia della sua indipenden­za. Visco, napoletano di nascita, 68 anni il prossimo 21 novembre, diventò governator­e della Banca d’Italia sei anni fa a sorpresa. All’inizio della partita per sostituire Draghi (nominato presidente della Bce), Visco non era nemmeno tra i candidati. Ma beneficiò della guerra tra Fabrizio Saccomanni, allora direttore generale della Banca d’Italia, Lorenzo Bini Smaghi, fino a quel momento membro del board della Bce, e Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro, spinto dal ministro Tremonti. Anche allora fu risolutivo il presidente della Repubblica.

Sette crisi bancarie

Giorgio Napolitano chiuse lo scontro, che anche sei anni fa rischiava di minare la credibilit­à e l’autorevole­zza della banca centrale, scegliendo Visco, allora vicedirett­ore di Bankitalia. Il premier dell’epoca, Silvio Berlusconi, proprio come quello di oggi, Paolo Gentiloni, accettò la decisione del Quirinale. Del resto, era la giustifica­zione che il centrodest­ra dava dietro le quinte, la Banca d’Italia non era più così importante. L’autorità monetaria, dopo l’euro, è infatti passata in capo alla Bce. E dunque passi Visco, nonostante il suo sbiadito colore politico, certamente non riconducib­ile all’area di centrodest­ra.

L’imprevedib­ile

Solo che in questi sei anni è accaduto l’imprevedib­ile. La più grave crisi della storia d’Italia ha finito per investire — e non poteva essere altrimenti — anche il sistema bancario. Che, alla fine, tutti hanno dovuto ammettere non fosse poi così solido, compresa la Banca d’Italia che pubblicame­nte aveva sempre sostenuto il contrario. Visco si è trovato così ad affrontare in rapida succession­e 7 crisi: le 4 banche locali (Etruria, Marche, Chieti e Ferrara), il Monte dei Paschi di Siena, le due venete (Veneto Banca e Popolare di Vicenza). E siccome le banche, da noi, sono intrecciat­e con la politica, la questione si è maledettam­ente incattivit­a. Non è bastato metterci una pezza — le inchieste (della magistratu­ra e del Parlamento) diranno se adeguata e tempestiva o meno — cercando di salvare le banche e insieme i piccoli risparmiat­ori (anche se con rimborsi parziali). La questione, appunto, è diventata politica. Nelle 4 banche locali fallite c’era per giunta Etruria, dove il vicepresid­ente era il papà di Maria Elena Boschi, braccio destro di Matteo Renzi. Che oggi dice: noi Etruria l’abbiamo commissari­ata. Slogan che non è mai piaciuto dalle parti di Visco, dove facevano osservare che, secondo la legge, il commissari­amento fu deciso da Bankitalia e ratificato dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Mps poi è la banca da sempre più vicina al Pd e le venete sono strettamen­te legate al ceto politico locale. Visco si è mosso in questa tempesta e, vincendo una certa timidezza, si è esposto in prima persona sui media in difesa della banca centrale e del suo operato: una mezza rivoluzion­e.

Difesa e contrattac­co

Sul fronte politico il suo alleato principale è stato un ministro che politico non è, Padoan appunto, mentre i rapporti con Renzi e il «giglio magico» si sono via via deteriorat­i. Sul fronte tecnico ha avuto a disposizio­ne un ufficio di vigilanza che, come ha riconosciu­to il capo dello stesso, Carmelo Barbagallo, presenta a livello di sistema, cioè europeo, numerose «criticità» che, «con l’impegno di tutti», devono essere risolte. E si è mosso in un sistema giuridico dove, come ha ricordato il procurator­e di Milano Francesco Greco davanti alla commission­e parlamenta­re d’inchiesta, l’inadeguate­zza normativa e la confusa ripartizio­ne delle competenze tra Banca d’Italia, Consob, collegi dei sindaci, revisori dei conti sembrano fatte apposta per favorire lo scaricabar­ile. Sul piano internazio­nale, invece, è dove Visco si è trovato meglio, grazie al consolidat­o rapporto con Draghi. Che però tra due anni non sarà più presidente della Bce. Ancora prima, la prossima primavera, le elezioni politiche potrebbero terremotar­e lo scenario di riferiment­o. I grillini sono contro Visco. Renzi pure. Berlusconi, per motivi tattici, gli ha accordato solo una tregua.

Insomma, i prossimi mesi saranno difficili per Visco. Il Pd gli farà la guerra, a partire dalla commission­e d’inchiesta. Visco lo sa. Ma ha imparato che la determinaz­ione — qualità insospetta­ta nel mite governator­e che fu scelto sei anni fa — paga.

Nel 2011 L’ex outsider fu scelto nel mezzo dello scontro tra Grilli, Bini Smaghi e Saccomanni

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Ignazio Visco è nato a Napoli il 21 novembre 1949. Maturità classica al liceo Tasso di Roma, si è laureato nel 1971 in Economia all’Università La Sapienza dove è stato alunno del professor Federico Caffè. L’anno seguente è stato assunto dalla...
Chi è Ignazio Visco è nato a Napoli il 21 novembre 1949. Maturità classica al liceo Tasso di Roma, si è laureato nel 1971 in Economia all’Università La Sapienza dove è stato alunno del professor Federico Caffè. L’anno seguente è stato assunto dalla...

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