Corriere della Sera

Così si rafforza il partito di Trump

- Di Massimo Gaggi

Un fenomeno transitori­o, una malattia passeggera della democrazia americana. Così i conservato­ri che incontri a New York, intellettu­ali, uomini d’affari ma non solo, parlano di Donald Trump (qualcuno dice anche di vergognars­i e ti chiede scusa per anni di ironie su Berlusconi). Prima o poi il corpo sano del Paese reagirà. Qualcuno brinda alle defezioni in Congresso: John McCain ormai battitore libero e i senatori Flake e Corker che sbattono la porta. Tra un anno non si ricandider­anno e fino ad allora saranno una spina nel fianco per il presidente: maggioranz­a in bilico al Senato. In realtà, anche se per ora ciò complica la navigazion­e parlamenta­re del presidente, questi episodi sono il segnale di un rafforzame­nto della sua presa sul partito. Ideologica­mente estraneo al movimento repubblica­no col suo nazionalis­mo populista e antiglobal, il miliardari­o entrato nove mesi fa alla Casa Bianca sta già trasforman­do il «Grand Old Party» da GOP in DTP, il partito di Donald Trump. Steve Bannon, stratega di questo cambiament­o del Dna della forza politica conservatr­ice, è uscito dalla Casa Bianca per avere le mani libere: guida, come abbiamo già raccontato, l’assalto di nuovi candidati, gli ultrà della destra, contro i parlamenta­ri dell’establishm­ent conservato­re. Rischia di vincere senza dover nemmeno combattere troppo. Basta ascoltare le parole di Flake, al di là della sua indignazio­ne nei confronti di Trump: «Sono un duro, non mollo facilmente, ma non avevo possibilit­à di prevalere nelle primarie del mio partito. Non dicendo le cose in cui credo: la politica è cambiata». Verrà sostituito da Kelli Ward, candidata di Bannon: un’osteopata seguace dei teorici delle cospirazio­ni. Lui e Corker non sono casi isolati. Ieri il New York Times ha elencato altri cinque deputati repubblica­ni moderati che non si ricandider­anno per gli stessi motivi. Il capo dei senatori conservato­ri, Mitch McConnell, tenta una resistenza e Karl Rove, lo stratega di Bush, ricorda il rigetto, 8 anni fa, di alcuni candidati dell’estrema destra dei Tea Party in collegi elettorali solidament­e conservato­ri. Ma stavolta è diverso: Trump tocca sempre temi popolari nel suo elettorato, il free trade dell’establishm­ent non lo è. Intanto molti ex «never Trump» si allineano. Gongola Bannon nella biografia di Keith Koffler (Always the Rebel) di prossima pubblicazi­one: «Destra o sinistra, io col populismo nazionalis­ta sono dal lato giusto della storia. Come Bernie Sanders, Corbyn in Gran Bretagna o Modi in India».

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