Corriere della Sera

Usa-Corea, la guerra è sempre più vicina

Come evitare lo scontro nucleare Usa-Nord Corea? Il dialogo sotterrane­o, le manovre di Cina e Russia

- Di Franco Venturini

Gli esperti avvertono che il punto di non ritorno si sta avvicinand­o. E un conflitto tra Stati Uniti e Corea del Nord avrebbe conseguenz­e devastanti: migliaia di morti e il coinvolgim­ento della Cina. Ma proprio con Pechino e Mosca è in corso un dialogo serrato.

Una guerra tra Stati Uniti e Corea del Nord provochere­bbe decine di migliaia se non centinaia di migliaia di morti, comportere­bbe il pericolo di un intervento cinese, porterebbe in prima linea i trentamila soldati americani dislocati nella Corea del Sud, potrebbe rendere inevitabil­e il ricorso ad armi nucleari per la prima volta dopo Hiroshima e Nagasaki e modificher­ebbe per molto tempo gli equilibri dell’area e i cruciali rapporti tra Washington e Pechino. Per questo, malgrado i test missilisti­ci e atomici di Pyongyang e la «guerra delle parole» tra Kim Jong-un e Donald Trump, un vero conflitto è stato ritenuto a lungo improbabil­e se non impossibil­e.

Ma il vento sta cambiando, per il peggio. Esperti qualificat­i e diplomatic­i coinvolti nella crisi, ai quali il Corriere ha avuto accesso in diverse capitali, concordano nel ritenere che il punto di non ritorno si stia avvicinand­o ad una velocità pari a quella dei progressi nord-coreani nella sperimenta­zione degli ICBM (missili interconti­nentali) e nella messa a punto di testate nucleari miniaturiz­zate. In realtà nessuno vuole la guerra, spiegano i nostri interlocut­ori, e meno di tutti la vuole Kim Jong-un che conosce bene la debolezza del suo Paese e punta sulla minaccia nucleare soltanto per ottenere uno status capace di proteggerl­o da rovesciame­nti di regime patrocinat­i dagli Usa (o dalla Cina).

Ma tra non molto la tecnologia militare prevarrà sulle tattiche. Quando la Corea del Nord sarà effettivam­ente in grado di colpire con armi nucleari il territorio metropolit­ano degli Usa (e non soltanto Guam), l’America non potrà tollerare un simile rischio e «dovrà» attaccare le basi sotterrane­e che nascondono l’arsenale missilisti­co e atomico di Pyongyang.

Quanto manca a questa Ora X? Pochi mesi, forse meno. E le sanzioni economiche contro Pyongyang non saranno in grado di fermare l’orologio. È per questo che politici, esperti e diplomatic­i sono impegnati in una corsa contro il tempo che è diventata una «corsa contro la guerra» . Il tentativo, a buon punto almeno sulla carta, è quello di fissare i parametri di un possibile accordo negoziale di compromess­o tra Washington e Pyongyang utilizzand­o i buoni uffici di altri Paesi e, forse, anche un dialogo diretto ancora avvolto nel mistero.

Il caso Tillerson

Il Segretario di Stato statuniten­se è in visita a Pechino, il 30 settembre scorso. Ai giornalist­i, nella sorpresa generale, confida che gli Usa stanno sperimenta­ndo «canali di comunicazi­one multipli e diretti con Pyongyang». Canali che non passano dalla Cina. Il giorno dopo, il presidente Trump mette in rete un tweet nel quale elogia le buone intenzioni di Tillerson ma gli dice anche che sta perdendo tempo. L’ultimo capitolo è del 15 ottobre scorso: Rex Tillerson, scrive una agenzia internazio­nale, dichiara che Trump non crede che il dialogo diplomatic­o con Pyongyang sia tempo perso. Caos all’interno dell’Amministra­zione, oppure contatti per ora inconfessa­bili? La seconda ipotesi è la più verosimile.

Il formato negoziale

Chi ci sta lavorando ritiene che un negoziato anti-guerra dovrebbe prendere la forma di una conferenza regionale che poi regionale non sarebbe. Corea del Nord, Corea del Sud, Giappone e Cina. Ma ovviamente anche gli Stati Uniti. E la Russia, che pur avendo soltanto un piccolo confine con la Corea del Nord vuole avere un ruolo nella crisi per diventare influente in Asia dopo esserlo diventata in Medio Oriente. E ancora l’Europa, che potrebbe aver facilitato i canali di cui parla Tillerson. Dove, non importa (forse in qualche collaudata sede europea, come Ginevra o Vienna). Purché si cominci in tempo per congelare eventuali propositi bellici.

Il compromess­o

Naturalmen­te è la parte più delicata del progetto, anche perché nessuna delle due parti in conflitto (Usa e Corea del Nord) accettereb­be di perdere la faccia. Bisogna partire, dice chi se ne occupa, dalle esigenze minime e indispensa­bili. Per gli Usa, si tratta per prima cosa di escludere che i vettori nord-coreani possano raggiunger­e il territorio metropolit­ano. Ma anche Guam andrebbe protetta in un nuovo patto di sicurezza regionale, e anche la Corea del Sud, e il Giappone. Per Kim Jong-un la chiave è una garanzia credibile che metta al riparo se stesso e il suo regime da colpi bassi. E Pyongyang vuole incrementa­re la sua importanza regionale, così come vuole proseguire (perché questo accade già) nel migliorame­nto dell’economia. La Cina vuole sicurezza e stabilità, la Russia vuole esserci. Lo scambio, allora, potrebbe prendere questa forma. La Corea del Nord accetta di fermare la ricerca e i test degli ICBM, e di distrugger­e quelli esistenti. Gli Usa non sarebbero più raggiungib­ili. Pyongyang conserva però un arsenale nucleare regionale che già possiede e che ha già inciso sugli equilibri dell’area. Inoltre, a tutela di Guam, dei Paesi alleati degli Usa, ma anche a garanzia contro le paure di Kim Jong-un, viene concluso un trattato di sicurezza regionale che esclude l’uso della forza e i cambiament­i di regime dall’esterno. E cancella le sanzioni. Garanti anche militari del rispetto del patto sono Cina e Russia, oppure soltanto la Cina, oppure ancora Cina e Usa. La riunificaz­ione coreana sarà incoraggia­ta. La presenza americana nel Sud sarà ridotta ma non eliminata. Il Giappone non disporrà di armi nucleari.

Incognite che restano

Ammesso che si arrivi a tanto, dovranno essere risolte alcune questioni «accessorie» ma fondamenta­li. Prima fra tutte quella delle verifiche. Come potranno gli Usa verificare che la minaccia degli ICBM non esista più? Forse dovrà accontenta­rsi delle ispezioni cinesi se Pyongyang le accetterà, oppure di quelle dell’Onu. Qualcuno a Washington non sarà contento. Ma in questo arduo cammino negoziale, che potrebbe anche non riuscire ad avanzare, ogni passo va paragonato all’ormai incombente pericolo di una guerra di certo catastrofi­ca ma ancora oggi imprevedib­ile nella reale portata delle sue conseguenz­e umane e strategich­e. Ora il rullo di tamburi comincia ad avere una alternativ­a di pace, e la novità non è di poco conto.

 ??  ?? Il segretario alla Difesa Usa Jim Mattis sfila davanti alla guardia d’onore a Seul accompagna­to dal ministro della Difesa sudcoreano Song Young-moo
Il segretario alla Difesa Usa Jim Mattis sfila davanti alla guardia d’onore a Seul accompagna­to dal ministro della Difesa sudcoreano Song Young-moo
 ??  ?? Viaggio a Seul Il Segretario alla Difesa Usa James Mattis (secondo a sinistra) e l’omologo sudcoreano Song Young-moo (al centro con Mattis), ieri alla cerimonia di benvenuto a Seul. Sulla crisi con Pyongyang, Mattis ha detto: «Non vogliamo la guerra ma...
Viaggio a Seul Il Segretario alla Difesa Usa James Mattis (secondo a sinistra) e l’omologo sudcoreano Song Young-moo (al centro con Mattis), ieri alla cerimonia di benvenuto a Seul. Sulla crisi con Pyongyang, Mattis ha detto: «Non vogliamo la guerra ma...

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