Corriere della Sera

«Per il nostro statuto il leader è candidato Ma l’unità del partito la incarna Paolo»

Emiliano: la coalizione ideale? Dall’Udc a SI

- di Monica Guerzoni

Era arrivato alla conferenza programmat­ica del Pd assai preoccupat­o, Michele Emiliano. Ma dopo aver ascoltato l’intervento di Paolo Gentiloni il governator­e della Puglia si è detto «riconforta­to» e persino «commosso». Perché tanta enfasi nel suo giudizio, presidente?

«Gentiloni è un politico fine, ha parlato col tono di chi unisce il partito. Ha fatto un discorso da padre di famiglia, di quella che dovrebbe essere la famiglia del Pd. Ha costruito una visione molto più morbida e aperta alle diversità e ai pluralismi e mi ha ricordato il progetto originario del Pd». Renzi ha tradito il progetto originario?

«Dentro la voce di Gentiloni ho sentito l’eco di Veltroni. Mi ha profondame­nte commosso, in un momento in cui il Pd sente incombere su di sé la responsabi­lità del governo e la minaccia di non avere la forza di conquistar­lo. Abbiamo commesso alcuni errori che potrebbero essere fatali, ma senza di noi il Paese rischia di cadere in mani sbagliate».

La linea di Gentiloni sulle alleanze è la stessa di Veltroni, Franceschi­ni, Prodi, Minniti, Orlando, ma non sembra quella del segretario.

«Il Pd vuole il centrosini­stra allargato. Ammesso che Renzi sulle alleanze sia in minoranza, io ho fiducia che nel suo intervento, qui a Pietrarsa, raccoglier­à il ragionamen­to generale che anche Gentiloni ha ribadito e lo trasformer­à nella linea del Pd. Se farà questo saremo tutti uniti».

La sua coalizione ideale?

«Dall’Udc a Sinistra italiana, sempre che Fratoianni non abbia un pregiudizi­o personale sulla leadership del Pd. Tutti insieme possiamo vincere le elezioni e avere la maggioranz­a, senza fare il governo di larghe intese. Ma abbiamo il dovere di riprendere il dialogo con i nostri alleati storici, da Cesa a Bersani». Lei si candida?

«No, ma se serve una figura di garanzia per ricucire con questi mondi, con i quali ho tenuto un rapporto leale e schietto, sono disponibil­e a lavorare. Come ha detto Gentiloni, noi le elezioni le dobbiamo vincere. La sconfitta del Pd sarebbe una catastrofe». Renzi dovrebbe lasciare a Gentiloni?

«Lo Statuto dice che il candidato premier è il segretario, ma quella regola era stata concepita nel maggiorita­rio secco. Vedremo. Certo, l’unità del Pd Gentiloni la incarna». Grasso può essere il leader di un nuovo centrosini­stra?

«Per me, che sono un amico e un allievo di Grasso, la sua uscita dal Pd è stata un colpo durissimo e sono sicuro che non sia strumental­e. Ho avuto con lui un colloquio telefonico in cui il dolore e la commozione erano di entrambi. La fiducia sulla legge elettorale è stato un trauma. Ma anche se ritiene impossibil­e proseguire il suo percorso nel Pd, ha il diritto-dovere di costruire il centrosini­stra con noi».

Non pensa che Grasso sia il candidato naturale alla guida di un’alleanza alternativ­a al Pd?

«Dietro la sua uscita non c’è del calcolo, c’è l’istinto. E ora chi cerca di portarsi Grasso dalla sua parte sbaglia i conti. Escludo che la sua decisione sia collegata a un progetto politico che lui ha già in mente». È contento per lo ius soli?

«Sì, Gentiloni ha ribadito di volerlo condurre in porto, assieme al fine vita e ha lanciato segnali importanti all’unica area ambientali­sta del Pd, la mia. Mettere il Mezzogiorn­o e l’ambiente in testa all’agenda politica, dando il via alla decarboniz­zazione dell’Italia, sarebbe una svolta che ci farebbe prendere il 50% dei voti».

Grasso è un amico, l’addio mi commuove Ha il diritto e dovere di costruire il centrosini­stra con noi

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