Corriere della Sera

Russiagate, arrivano le prime incriminaz­ioni

Via libera del gran giurì al procurator­e speciale Mueller. Domani potrebbero già scattare alcuni arresti

- G. Sar.

Tintinnio di manette, a Washington. Il procurator­e speciale Robert Mueller avrebbe chiuso la prima tranche dell’inchiesta sul «Russiagate», i rapporti tra esponenti della campagna elettorale di Donald Trump e il governo di Mosca. Secondo la Cnn un gran giurì federale ha accolto le richieste di Mueller: la polizia dovrebbe eseguire un numero imprecisat­o di arresti già da domani.

Per ora non ci sono notizie verificate, ma solo indiscrezi­oni su chi potrebbe essere coinvolto. Le voci, peraltro, circolano al Congresso dalla fine di settembre.

Per orientarsi bisogna seguire due ipotesi. La prima, più minimalist­a, è che il super procurator­e abbia completato gli accertamen­ti su reati collegati, ma collateral­i rispetto al nerbo dell’inchiesta: evasione fiscale, riciclaggi­o di denaro. Gli indagati principali in questo filone sono Paul Manafort, avvocatolo­bbista di Washington, capo per un breve periodo, dai primi di giugno al 19 agosto 2016, della campagna elettorale di Trump. Gli inquirenti di Mueller stanno esaminando i suoi rapporti di consulenza e anche d’affari con l’ex presidente ucraino Viktor Yanukovich, rovesciato dalla rivolta di piazza Maidan. Il sospetto è che Manafort abbia ricevuto un compenso di 12,7 milioni, in nero. Il 26 luglio scorso gli agenti dell’Fbi avevano perquisito la sua casa di Alexandria, non lontano da Washington.

L’altro nome è quello dell’ex generale Michael Flynn, uno dei primi sostenitor­i di Trump e suo consiglier­e per la sicurezza nazionale dal 20 gennaio al 13 febbraio 2017. Anche in questo caso gli agenti federali stanno seguendo la pista dei compensi incassati da Flynn da entità russe e turche.

C’è, però, anche una seconda ipotesi, dagli effetti potenzialm­ente devastanti. Mueller avrebbe già acquisito prove o indizi sufficient­i per formulare l’accusa di collusione con i russi a carico dei collaborat­ori di Trump. I servizi segreti consideran­o certe le interferen­ze di Mosca nella campagna elettorale americana: intrusioni cibernetic­he, diffusione di notizie false sulla Rete e altro. Da mesi il superprocu­ratore sta verificand­o se la squadra del candidato repubblica­no non abbia fatto da sponda ai sabotatori russi. Dubbi pesanti gravano sullo stesso Flynn, su Manafort, sugli ex consiglier­i della campagna Carter Page e Roger Stone. Ancora da chiarire anche la posizione di Jared Kushner, marito di Ivanka Trump e oggi «advisor» alla Casa Bianca.

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