Corriere della Sera

Gyllenhaal: il difficile ruolo dell’eroe Usa

- Di Paolo Mereghetti

Gran garrire di bandiere a stelle e strisce oggi alla Festa di Roma. Ha iniziato David Gordon Green con Stronger che rievoca il difficile ritorno alla vita di Jeff Bauman (Jake Gyllenhaal), il ventenne andato alla maratona di Boston del 2013 a tifare per l’ex fidanzata (che voleva riconquist­are) e che perse le due gambe per l’esplosione di una delle bombe terroristi­che. Scoprirà che è quasi più facile tornare a camminare con gli arti artificial­i che non affrontare la pressione di chi lo vuole a tutti i costi eroe di una città che riprende a vivere. A cominciare dalla madre (una grandissim­a Miranda Richardson) e dal parentado vario che sembrano vedere nel figlio «eroe» una specie di risarcimen­to dall’emarginazi­one cui li condannava il loro ruolo sociale. Trasforman­do così il tipico film made in Usa sulla voglia di ricomincia­re nel ritratto un po’ più sfaccettat­o dell’America profonda (anche se abita nei sobborghi di Boston) e probabilme­nte trumpiana. Linklater, invece, con Last Flag Flaying usa la salma di un soldato ucciso in Irak nel 2003 per far ritrovare tre reduci del Vietnam, uno dei quali è il padre del morto. Invece del funerale ufficiale ad Arlington si riporta il corpo a casa e il viaggio è l’occasione per ricordare il passato e scoprire come l’eroismo sia spesso una maschera di bugie. Salvo poi cedere all’orgoglio della divisa e di un onor-dipatria che stona un po’ con le scene iniziali.

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