CHE COSA SI PUÒ FARE PER LA PREVENZIONE E LA CURA DEL TUMORE AL COLON?
Mia madre, fumatrice e da molti anni in sovrappeso, è stata da poco operata per un tumore al colon, fortunatamente ancora all’inizio, per cui sembra che tutto volga al meglio. I medici ci hanno più volte ribadito l’importanza della prevenzione e di convincerla a cambiare il suo stile di vita anche ora.
Ma perché si parla così poco del fatto che si può fare concretamente qualcosa per evitare d’ammalarsi? Quanto alle terapie, i farmaci più efficaci e innovativi sono disponibili davvero in modo uguale in tutta Italia?
l tumore del colon-retto è la neoplasia più frequente con circa 53 mila nuovi casi stimati nel nostro Paese nel 2017. La prevenzione primaria (stili di vita corretti) e secondaria (adesione ai programmi di screening) sono le armi più importanti per combatterlo. Circa l’80% dei carcinomi del colon-retto insorge a partire da lesioni precancerose. Gli stili di vita scorretti e la familiarità sono fattori di aumento del rischio. Tra i primi spiccano fattori dietetici quali il consumo di carni rosse e di insaccati, farine e zuccheri raffinati, il sovrappeso e la ridotta attività fisica, il fumo di sigaretta e l’eccesso di alcool. Una protezione è conferita dal consumo di frutta e verdura e carboidrati non raffinati. Senza dimenticare il controllo del peso, anche con una costante attività fisica.
È fondamentale inoltre l’adesione ai programmi di screening. Il test utilizzato è la ricerca del sangue occulto fecale, che viene offerto alla popolazione fra i 50 e i 69 anni con cadenza biennale. In caso di positività, l’esame di approfondimento è la colonscopia. Il programma di screening per i tumori colo-rettali è quello più recentemente implementato in Italia (e in Europa). A livello nazionale, fino al 2005 le esperienze di screening colo-rettale erano sporadiche, ma in seguito hanno avuto ampia diffusione.
L’incremento è stato notevole, passando da una copertura di poco più del 10% nel 2005 a quasi il 75% nel 2015. Sono stati invitati allo screening quasi 5 milioni e mezzo di cittadini,tra i 50 e i 69 anni nel 2015. Rispetto all’anno precedente, c’è stato un forte aumento (quasi 500 mila inviti in più).
L’efficacia di questi programmi è tanto maggiore quanto più elevata è l’adesione all’invito. Il dato del 2015 non è, però, del tutto soddisfacente: solo il 43% degli invitati ha aderito, con notevoli differenze fra Nord (53%), Centro (36%) e Sud (25%). Serve ancora molto impegno su questo fronte. Lo screening, con la possibilità di individuare precursori che possono essere asportati per via endoscopica o tumori in fase iniziale e quindi suscettibili di una chirurgia curativa, ha un rilevante impatto nel ridurre la mortalità per questa patologia neoplastica. Nel nostro Paese per i pazienti con carcinoma del colonretto la sopravvivenza, per tutti gli stadi, a 5 anni dalla diagnosi, è più alta rispetto alla media europea (66% contro il 57%). Importanti risultati sono stati raggiunti anche nei trattamenti per la fase avanzata, che si basano sull’integrazione di farmaci chemioterapici con le terapie biologiche e, in alcuni casi, con la chirurgia e la radioterapia. Nella malattia avanzata con i regimi di terapia a disposizione si possono superare i 30 mesi di sopravvivenza contro i 12 di qualche decennio fa. Questi risultati sono stati raggiunti anche perché abbiamo a disposizione rilevanti innovazioni: la caratterizzazione molecolare con la determinazione delle mutazioni dei geni RAS e BRAF che possono permettere di selezionare i pazienti per il trattamento con farmaci antiEGFR, la disponibilità di farmaci anti angiogenetici e l’introduzione di farmaci orali di prima e seconda generazione che favoriscono l’adesione alle terapie.
Inoltre per i pazienti con metastasi epatiche già operabili alla diagnosi o diventate operabili dopo chemioterapia, si può ottenere nel 25% dei casi dopo resezione una sopravvivenza libera da malattia a 5 anni/guarigione. L’intera strategia nel controllo dei tumori del colonretto sta producendo importanti miglioramenti in guarigioni e sopravvivenza, anche se persistono ancora criticità in alcune regioni del nostro Paese.
Il problema non riguarda solo i farmaci e la sostenibilità economica, per questo l’Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) ha condiviso con le istituzioni il Fondo per i farmaci anticancro innovativi anche per il 2018, ma soprattutto la realizzazione di percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (dagli screening, alle terapie, alla riabilitazione) con la presa in carico del singolo paziente nell’ambito della rete oncologica regionale.