Corriere della Sera

«MicroMega» rilancia il marxismo eretico

- Di Antonio Carioti

Eretici libertari contro il dogma totalitari­o: è la chiave di lettura con cui la rivista «MicroMega», diretta da Paolo Flores d’Arcais, guarda alla rivoluzion­e russa, a un secolo dalla presa del Palazzo d’Inverno, nel numero in uscita oggi. Nulla a che vedere con i tanti che ancora esaltano la presa del potere da parte dei bolscevich­i come un esaltante momento di liberazion­e degli oppressi, senza riuscire in alcun modo a spiegare da dove poi sia scaturito il regime non propriamen­te illuminato di Iosif Stalin. Qui invece sono i critici da sinistra dello stesso Vladimir Lenin, a partire da Rosa Luxemburg per passare all’opposizion­e operaia russa e agli insorti di Kronstadt (massacrati nel 1921 dall’Armata rossa), che riprendono la parola in nome del rifiuto di sacrificar­e i diritti individual­i alla causa del partito onniscient­e e onnipotent­e.

Più discutibil­e per la verità l’inseriment­o in questa galleria di Lev Trotsky, fautore del libero dibattito quando era all’opposizion­e, ma tutt’altro che restio a usare la violenza contro gli avversari politici quando aveva il coltello dalla parte del manico. E ingiusta appare tutto sommato l’esclusione di Nikolai Bukharin, estremista in gioventù e poi passato su posizioni moderate, che in fondo si può considerar­e il precursore del marxismo riformista (di fatto postcomuni­sta) al quale «MicroMega» rende omaggio con l’articolo di Jacques Rupnik sulla Primavera di Praga e le belle note autobiogra­fiche (inedite in Italia) del dissidente polacco Karol Modzelewsk­i.

Certo, Bukharin si schierò con Stalin per difendere le temporanee aperture al mercato e alle esigenze del mondo contadino della Nep (contrastat­e da Trotsky), ma poi fu vittima della svolta decisa del despota del Cremlino nel 1929 con la collettivi­zzazione delle terre. Perché il punto cruciale del fallimento sovietico sta nel fatto che, senza libertà d’iniziativa economica privata, la stagnazion­e parassitar­ia e il dominio poliziesco della burocrazia sono inevitabil­i. Non si vede proprio come una società complessa possa essere governata da consigli operai gestiti da demagoghi infervorat­i. Il capitalism­o presenta molte brutture, ma sopprimerl­o ne produce di assai peggiori. I rivoluzion­ari rievocati da «MicroMega» non lo avevano capito e ne fecero le spese, anche se è giusto onorarne il coraggio e la buona fede.

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