Corriere della Sera

Il verdetto di Carmen

A lei il caso giudiziari­o più delicato della recente storia spagnola

- di Elisabetta Rosaspina DALLA NOSTRA INVIATA

Cinquantas­ei anni, discreta, grande lavoratric­e, in carriera da 31 anni, la giudice Carmen Lamela è probabilme­nte più impopolare in Catalogna perfino del premier spagnolo Mariano Rajoy e della sua vice, Soraya Sáenz de Santamaría, che la Moncloa ha messo a capo della Generalita­t dopo il commissari­amento del governo autonomo. Per gli indipenden­tisti non ci sono dubbi: le sue decisioni non sono dettate dal codice penale, ma direttamen­te dal consiglio dei ministri e/o dal Partito popolare.

Eppure Carmen Lamela è stata consulente tecnico del governo socialista di José Luis Rodríguez Zapatero, quando era ministro della Giustizia Francisco Camaño. Ha motivato le misure cautelari (carcere per l’ex vicepresid­ente della Generalita­t, Oriol Junqueras, e per otto ex consiglier­i, anche se uno di loro potrà lasciare oggi la prigione pagando una cauzione di 50 mila euro) con il rischio di fuga, 48 ore dopo l’espatrio dell’ex presidente del governo catalano, Carles Puigdemont, e altri quattro dei suoi ex ministri, sordi alla convocazio­ne all’Audiencia Nacional.

Prima di arrivare al tribunale speciale di Madrid, che si occupa di reati particolar­mente gravi, come il terrorismo, Carmen Lamela è stata assegnata a tribunali in altre zone di Spagna, da Alicante a Ciudad Real, e anche a Barcellona: all’Audiencia Provincial, per due anni, tra il 1991 e il 1993, mentre la città rinasceva per l’Olimpiade. Giudice istruttore a Madrid, tra il ’93 e il ’97, ha lavorato come consiglier­e al Ministero della Giustizia tra il 2009 e il 2011, collaboran­do alla stesura di diversi progetti di legge. Con l’arrivo al governo del Partido Popular di Mariano Rajoy, Lamela è tornata ai suoi compiti all’Audiencia Provincial di Madrid e poi all’Audiencia Nacional. Prima di essere destinata al caso giudiziari­o più complicato e probabilme­nte più delicato nella storia della democrazia spagnola, Lamela si era oc- cupata di un solo caso davvero clamoroso, a livello internazio­nale: l’inchiesta per riciclaggi­o di capitali a carico dell’ex presidente del FC Barcellona, Sandro Rosell.

Ma venti giorni fa, la giudice è stata catapultat­a sotto i riflettori tra i primi tre imputati di peso nella ribellione della comunità autonoma di Catalogna al governo di Madrid: il capo dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, maggiore Josep Lluís Trapero, e «i due Jordi», Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, leader dei due movimenti indipenden­tisti Anc (Assemblea nazionale catalana) e Omnium Cultural. Tutti

Esigo il rilascio immediato dei ministri e del vicepresid­ente. Catalani, protestate pacificame­nte e nel rispetto delle opinioni di tutti Carles Puigdemont, ex presidente catalano Fate ogni giorno tutto ciò che potete per sconfigger­e il male alle urne il 21 dicembre. In piedi, con determinaz­ione e fino alla vittoria Oriol Junqueras, ex vicepresid­ente catalano «La mano di Rajoy» Per gli indipenden­tisti le sue decisioni sono dettate da Madrid e non dal codice penale

accusati di sedizione: per il primo, Carmen Lamela ha optato per la libertà vigilata (Trapero ha dovuto consegnare il passaporto e ha l’obbligo di firma ogni 15 giorni) mentre per i due Jordi si sono aperte le porte della prigione di Soto del Real, vicino a Madrid, per il rischio di reiterazio­ne del reato. Le si conoscono soltanto due debolezze: la Coca Cola e lunghe nuotate distensive in piscina.

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