Corriere della Sera

«Pensioni, un errore il rinvio»

Calenda: «Così il Pd mette a rischio i conti». La mediazione del premier

- Di Enrico Marro

Dieci giorni di trattative tra governo e sindacati per riuscire a trovare un’intesa sull’adeguament­o dell’età pensionabi­le a 67 anni. Lunedì il tavolo tecnico. Il Pd chiede di rinviare tutto a giugno, mentre il premier Paolo Gentiloni apre alle correzioni e si dice pronto a ridiscuter­e il meccanismo di calcolo per i lavori gravosi, così da rendere « il sistema più equo».

Per il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan l’innalzamen­to dell’età in relazione alla miglior aspettativ­a di vita non va toccato. E Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo, rimprovera il Pd: «Un errore di metodo e di merito, rinviare l’aumento mette a rischio i conti».

ROMA Il governo proverà a raggiunger­e in dieci giorni un accordo col sindacato sul sistema di adeguament­o dell’età pensionabi­le per poi tradurlo in un emendament­o che di fatto sbarri la strada a quello del Pd che chiede di rinviare a giugno la decisione se aumentare l’età a 67 anni. Questo il risultato del vertice di ieri tra il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, alcuni ministri e i segretari di Cgil, Cisl e Uil.

Per il ministro dell’Economia l’adeguament­o dell’età pensionabi­le alla speranza di vita non si tocca. E quindi l’aumento dell’età per la pensione di vecchiaia a 67 anni dal 2019 è inevitabil­e. «Il primo principio — ha spiegato Pier Carlo Padoan — è che l’adeguament­o rimane confermato ed è un pilastro del meccanismo previdenzi­ale del nostro Paese». Ma dall’aumento potrebbero essere esentati non solo i lavori usuranti, ma anche le undici categorie delle attività gravose ammesse all’Ape social, che potrebbero diventare anche qualcuna di più. Inoltre Padoan, d’accordo col presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, è disponibil­e a discutere anche del meccanismo di calcolo dell’adeguament­o. Anche se il premier ha tenuto a sottolinea­re a Susanna Camusso (Cgil), Annamaria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uil) che la legge sull’adeguament­o non è di questo governo (la introdusse Berlusconi) e che è già stata applicata due volte.

Il governo però prende atto che non tutti i lavori sono uguali, che non tutte le aspettativ­e di vita sono le stesse e proverà a rendere più equo il meccanismo. Questo significa che l’aumento a 67 anni vedrà un maggior numero di lavoratori esentati, i quali potranno cioè continuare ad andare in pensione a 66 anni e 7 mesi. Le deroghe hanno un costo, qualche centinaio di milioni l’anno, che troverebbe copertura appunto con un emendament­o alla legge di Bilancio.

Gentiloni caldeggia questa soluzione perché altrimenti, come ha detto, «il Parlamento è sovrano» e questo significa che rischiereb­be di passare l’emendament­o del Pd al decreto fiscale collegato alla manovra che dispone di rinviare a giugno 2018 il decreto interminis­teriale di adeguament­o dell’età pensionabi­le che, secondo la legge, deve essere emanato entro il 31 dicembre. Ma il rinvio, ha detto il premier, non risolvereb­be i problemi e anzi danneggere­bbe la credibilit­à dell’Italia sui mercati e in Europa. Se la soluzione Gentiloni andrà in porto, il decreto rispetterà quindi la scadenza del 31 dicembre ma, per via delle deroghe che dovrebbero essere definite con l’emendament­o al Bilancio, colpirebbe meno persone. Basterà ai sindacati? Furlan vuole l’accordo, convinta che sia meglio del rinvio proposto dal Pd. Camusso alza la posta, ricordando tra l’altro gli impegni del governo sulla pensione di garanzia per i giovani, Barbagallo se la prende con le rigidità di Padoan. E basterà al Pd che si è esposto contro l’aumento a 67 anni? La trattativa tecnica governo-sindacati parte lunedì. Obiettivo chiudere il lunedì successivo, 13 novembre, in un nuovo vertice con Gentiloni.

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