IL CENTRODESTRA VEDE LA SICILIA COME PREDELLINO PER PALAZZO CHIGI
irrituale vedersi in Sicilia a tre giorni dalle Regionali di domenica per parlare di governo nazionale. E quando ieri pomeriggio Silvio Berlusconi ha anticipato che di questo avrebbe discusso con il leader leghista Matteo Salvini e quella di FdI Giorgia Meloni la loro reazione è stata tiepida. La discussione è apparsa prematura. Soprattutto il capo del Carroccio vede un tentativo di forzare i tempi dell’alleanza di centrodestra; e di presentare Forza Italia come traino di una futura coalizione che la Lega ambisce a guidare.
Ma nell’ottica berlusconiana, la strategia è chiara. Una vittoria in Sicilia sarebbe l’assaggio di quella alle Politiche nel 2018. E l’intesa con gli alleati-coltelli della Lega e con la Meloni viene data per inevitabile: dunque tanto vale non perdere tempo in trattative che comunque avranno un epilogo scontato, e cioè l’accordo. Alla base c’è la sensazione che il nuovo sistema di voto sia destinato a premiare soprattutto il suo schieramento; e che ormai la sfida si giochi non solo in Sicilia ma in tutt’Italia tra centrodestra e Movimento 5 Stelle.
Sotto questo aspetto, la campagna elettorale nell’isola è un laboratorio anche dal punto di vista della propaganda. Il martellamento berlusconiano contro il M5S si appunta più sul candidato premier Luigi Di Maio, che sul candidato a governatore della Sicilia. E il Movimento viene raffigurato come una sorta di accozzaglia di incompetenti, che non andrebbero votati se non si vuole compiere «un atto di masochismo». Nella scelta del bersaglio si percepisce, implicitamente, la legittimazione dei seguaci di Beppe Grillo come avversari da battere.
L’orizzonte politico di Berlusconi sembra non contemplare più la sinistra come partitoperno del sistema col quale competere. Forse influenzato dai sondaggi siciliani, il centrodestra tende a ignorarlo come quasi ininfluente sul risultato finale. Il tentativo è quello di prefigurare un Parlamento nel quale non esisterebbe più il tripolarismo di fatto emerso dalle urne del 2013. Piuttosto, un nuovo bipolarismo col centrodestra che sostituisce l’avversario di sempre, e cioè il Pd, col M5S; e che confida in una vittoria quasi obbligata. È uno schema che può andare bene agli alleati. Ma Berlusconi deve trattare e accordarsi con Salvini, che si sente più forte.
Così, quando ieri il fondatore di FI ha ipotizzato un governo nazionale «di professionisti e pochi ministri politici», e dato per fatto «l’accordo di governo di centrodestra», il velo di incertezza è rimasto. Anche perché non è scontata la vittoria in Sicilia; e perché la decisione di Di Maio e del segretario del Pd, Matteo Renzi, di sfidarsi in tv, indica la volontà di contrastare la vulgata dell’ex Cavaliere. Il Pd vuole esserci e il M5S accreditarsi come baluardo contro l’intero sistema: inteso come destra e sinistra.