Divine, morto a 4 mesi per la strada mentre la madre mendicante allattava
Milano, dramma fuori dal supermarket. Inutile l’intervento del 118 e la corsa in ospedale
L’anziana donna, che sta dietro il banco della sua merceria, a metà pomeriggio indica un punto poco al di là dalla vetrina, un’alta fioriera di cemento imbiancato all’angolo del supermercato «Esselunga»: «Ecco, si metteva sempre vicino a quel grosso vaso, chiedeva un po’ di carità». In passato la vedevano quasi tutti i giorni: «Poi sembrava scomparsa per qualche mese, e quando è tornata abbiamo capito il motivo». La ragazza, nigeriana, 20 anni, ora veniva soltanto qualche giorno a settimana, con un bambino. Ieri mattina, erano circa le 11, stava facendo la spesa e lo stava allattando, tenendolo in una fascia di cotone: s’è accorta che qualcosa non andava, ha chiesto aiuto a un passante, hanno chiamato il 118, e pochi minuti dopo su quel marciapiede in via delle Forze Armate, antica periferia milanese, c’erano due ambulanze e un’auto-medica, la ragazza che piangeva, medici e soccorritori che camminavano, armeggiavano, telefonavano; il bambino appoggiato su un lettino, il massaggio cardiaco, i tentativi di rianimazione, un lavoro frenetico e col passar dei minuti sempre più disperato, andato avanti per 40 minuti, fino alla corsa con le sirene e con la scorta delle Volanti della polizia verso l’ospedale Buzzi. Nato il 2 luglio a Milano, figlio di una giovane donna che all’Italia ha chiesto asilo, Divine è morto in pronto soccorso nel giorno in cui ha «compiuto» 4 mesi.
Madre e padre sono «separati» dalla procedura per la protezione internazionale. Lei è ancora una «richiedente», ospite da circa un anno di una delle più serie e organizzate associazioni di Milano, vive in un appartamento fuori città con altre donne, assistite dagli operatori della cooperativa e dagli assistenti sociali. Al bambino era stata diagnosticata dopo la nascita una grave malattia genetica dei reni, era in cura alla clinica De Marchi, dove raccontano che la mamma «non ha mai saltato una visita, era attenta e premurosa, anche se preoccupata; attaccatissima al suo bambino». Alle visite è sempre andato anche il padre, un ragazzo nigeriano a cui la richiesta d’asilo è stata però negata, e dunque, a voler rispettare la lettera della legge, avrebbe dovuto lasciare l’Italia, allontanarsi da suo figlio malato, dalla ragazza che oggi potrà vedere per l’ultima volta il suo bambino.
La storia dell’elemosina che la ragazza chiedeva nei mesi scorsi, e di questa morte improvvisa, potrebbero fuorviare, far pensare a un contesto di abbandono, e invece questa è solo la storia di una ragazza che in una città straniera, dopo la fuga da giovanissima dal suo Paese, cercava di crescere il suo bambino tra le difficoltà della sua condizione e la malattia del piccolo. E che a Milano ha comunque trovato un ambiente protetto, un’accoglienza vera, un’assistenza medica adeguata alla quale si era affidata. Questo è il quadro definito dopo le prime ore di accertamenti della polizia e della Procura: comunque verrà fatta l’autopsia sul bambino e si verificherà che prescrizioni e protocolli medici siano stati seguiti correttamente. Al momento, però, tutto questo sembra più un lavoro da fare per « dovere d’ufficio » , per chiarire tutti i dettagli, in una vicenda che sembra solo e niente più che una disgrazia.
Il piccolo negli ultimi giorni aveva il raffreddore, la ragazza ha raccontato di essere andata ieri mattina all’«Esselunga» per comprare un piccolo aspiratore con cui liberare il naso del piccolo, lo teneva in una fascia di cotone stretta al petto e lo stava allattando, quando s’è accorta che il bambino si era staccato dal seno e aveva le labbra bluastre. Era proprio davanti al supermercato dove «chiedeva la carità».
Malattia ai reni Il piccolo aveva una grave malattia ai reni ed era regolarmente in cura